Le verita’ nascoste dell’architettura di Antonio Masotti
© arcomai l Particolare del manifesto all’ingresso della sala espositiva della Cineteca di Bologna.
Si è tenuto ieri pomeriggio, presso la sala espositiva della Cineteca di Bologna, l’incontro Le verità nascoste dell’architettura nelle fotografie di Antonio Masotti. L’evento, promosso nell’ambito delle iniziative collaterali alla mostra Antonio Masotti, fotografo, è stato presentato da Marinella Pigozzi (docente dell’Università di Bologna) e ha avuto come protagonista l’Arch. Glauco Gresleri che con il fotografo bolognese (1918-2003) fu legato per quasi quarant’anni da un forte rapporto – sia professionale che di amicizia – documentato proprio da alcune delle più belle stampe delle 146 esposte nell’istallazione a cura di Angela Tromellini e Marinella Pigozzi.
© arcomai l L’istallazione della mostra Antonio Masotti, fotografo.
Glauco inizia il suo intervento ricordando le origini di quell’amicizia iniziata nel ’63 quando lui e Antonio insieme ad altri (Gillo Dorfles, critico; Albe Steiner, grafico; Lorenzo Ceregato, pittore) furono invitati, presso la sede della Stagni Comunicazioni Visive, a partecipare alla pubblicazione di un volume pubblicitario dell’azienda, che aveva come finalità quella di indagare la filosofia della comunicazione pubblicitaria. Un sodalizio, quello di Masotti e Gresleri, iniziato così e protrattosi negli anni anche con lunghi periodi di silenzio interrotti dagli incontri attorno ai progetti che l’architetto andava realizzando.
Confessa, il Nostro, che nella sua lunga carriera altri personaggi della fotografia si avvicendarono lungo il suo percorso (Italo Zannier, Decio Camera, Ezio Ciol, Sandro Parussini, Riccardo Toffoletti e gli operatori di Villani), tutti bravi e accomunati dalla grande capacità di riprendere quello che c’era. Ma Masotti era diverso perché fotografava altro: “Sul sito lui, curiosava, navigava con la sua macchina da presa, (a volte ne aveva due al collo) in cerca di qualcosa. […] Ogni volta, in ogni occasione, in ogni sito, lui non aveva programma, non si poneva cosa e il come avrebbe fotografato. Mai mi ha domandato cosa io volessi lui riprendesse…né tantomeno il come. Non chiedeva che le persone si allontanassero, che i fiori – nelle chiese – fossero spostati, che tutto fosse messo in ordine… E’ evidente che lui si lasciava andare in attesa che il qualcosa e quel momento si manifestasse”. E ancora: “Non cercava l’oggetto; era in attesa che comparisse un evento che risultasse catartico della realtà più complessa. Non fermava la realtà statica – l’architettura come nei casi da me così lungamente sperimentati – ma aspettava che essa, il suo spazio, divenisse, improvvisamente (ed accidentalmente) protagonista […] facendo sì che momento e avvenimento di colpo assumessero la dimensione di evento magico”.
© glauco gresleri l Bologna vista dall’obiettivo di Antonio Casotti (dal catalogo “Stagni comunicazioni visive”, Ozzano dell’Emilia, Bologna 1963).
Riferendosi poi alle foto esposte, ed in particolare alle stampe realizzate per il paragrafo “situazione di disordine compositivo in un centro cittadino” per la pubblicazione Stagni, Gresleri spiega che nel fotografare i manifesti pubblicitari affissi su muri e colonne della città, egli non li cercava con il suo obiettivo, ma con pazienza aspettava il momento catartico in cui molteplici aspetti sarebbero entrati in sinergia reciproca tra di loro, fissando così per sempre “l’attimo in cui tali elementi vivono la loro relazione di scambio”. Sinergia che si materializzava con l’integrazione/incontro tra la architettura – che anche se presa solo come sfondo nei suoi dettagli più espressivi dà il tono “monumentale” all’evento -; il segno pubblicitario – che si impone come “evento di luogo” con la sua vivacità improvvisa e giocosa -; ma, soprattutto, le persone – che, animando il tutto con il loro saper comunicare la vita, imprimono sulla carta fotografica quel senso umano, domestico, esistenziale capace di far riflettere sul perché delle cose, sul senso della vita -. È con questa trilogia (monumento, frivolezza, umanità.) che si costruisce la situazione magica e misterica (dell’opera di Masotti): “Che è quella di quando l’immagine non dice una cosa, ma attiva un fenomeno di relazioni multiple tali da costituirsi realmente come sinfonia di eventi figurativi e rappresentativi” […] “Questo” – continua Glauco – “cercava Antonio. Il verificarsi del momento magico in cui qualcosa dovesse avvenire a determinare l’evento, l’accadimento, la situazione di energia. Si, proprio questo, la situazione di energia che per qualche ragione sconosciuta ad un certo momento si scatena nel sito tra elementi diversi; che possono essere le strutture tra loro, gli spazi e gli uomini che li giustificano, ma anche la luce e la parete, ma anche la luce e l’ombra e la stasi e il movimento….” E qui l’oratore si ferma, sembra commosso, e quasi per scusarsi conclude il ragionamento: “… stavo per dire il suono e il silenzio”…!
© glauco gresleri l Da sinistra: Chiesa di San Giovanni Battista (Imola/BO), Cimitero di Erto e Casso (PN), Chiesa della Beata Vergine Immacolata (BO).
Tornando al fotografo, continua il Nostro, “… il gesto dello scatto non aveva il nervosismo del reporter che deve bruciare e rapire l’immagine. Aveva il tempo e la pacatezza di una battuta musicale. La macchina si alzava, faceva un percorso lineare nello spazio, vi era un momento in cui si apriva il fornice nero della camera oscura…. e il tempo era già passato. E l’immagine era resa. Si, perché non era come con gli altri fotografi che “rubano” l’immagine di una cosa che esiste, Masotti faceva il contrario: rendeva, restituiva, regalava una immagine che solo lui aveva potuto creare dalla situazione di un attimo quasi irresistibile”.
© glauco gresleri l La vita all’interno del corpo al centro del complesso seminariale.
Dal racconto dell’architetto si scopre il segreto di un modo di fotografare il costruito in cui si privilegia la ricerca della sua anima rispetto alla forma. Riferendosi alle sue architettura – “cito le mie perché di questo sono cosciente e di questo rendo testimonianza” -, Gresleri ci ricorda che “Lo spazio architettonico (è sempre) – fermo, statico – quasi languido. Immobile e silenzioso, bianco di luce o soffuso di penombra, ma inanimato”. Sono le persone, i loro movimenti, i loro comportamenti, i loro gesti più naturali che rendono vere ed abitate le opere dell’architetto. È con questo “abbraccio emozionale” tra energia statica ed energia dinamica che prendono vita le opere di Masotti; è grazie a quella sua singolare capacità artistica di creare, accentuare, storicizzare – e a volte monumentalizzare la discrasia comportamentale che lega lo spazio alla persona – che si svela il grande segreto dell’opera dell’uomo come fautore di architettura.
© glauco gresleri l Due viste esterne del Seminario.