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A street is not a road

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© photo arcomai l Con “a street is not a road” Acebillo dimostra come la strada non sia un canale che contiene i flussi della mobilità, ma luogo imprescindibile della vita di una qualsiasi realtà urbana: “La strada viene realizzata con la mente e con il cuore (entità) che sono (rispettivamente) l’espressione di due culture diverse” […] “Lo spazio pubblico non è fatto per gli architetti e o per gli ingegneri” ma per le persone.

Durante la lezione magistralis che Josef Acebillo ha tenuto a Bologna lo scorso sabato, evento documentato in modo particolarmente attento da Claudio Zaniato in L’architettura del movimento, il professore spagnolo – parlando dell’urgente bisogno di “cambiamento urbano” – ha spiegato in che modo l’architetto si deve porre per avere un ruolo determinante all’interno del processo di trasformazione della città contemporanea.  Accompagnando il suo intervento con una sequenza di immagini del grande cantiere-Barcellona, l’urbanista ha dichiarato: “(per attivare un processo di trasformazione) non si può pianificare, perché il piano rispetto al progetto è uno strumento lento” […] “…il progetto urbano si fa seguendo una sinergia tra piano e progetto” […] “…è molto difficile la partecipazione con il piano; è difficile per gli architetti; è impossibile per i cittadini” […] “…noi non lavoriamo mai con l’architettura” […] “…il sistema infrastrutturale è un problema dell’architetto”. A chiarimento di questi concetti – fondamentali per il messaggio della sua lezione – ha poi raccontato un aneddoto risalente al giorno (1994) dell’inaugurazione del Terminal internazionale di Kansai (Osaka, Giappone). Invitato a partecipare alla cerimonia, nel complimentarsi con una delle personalità ai vertici della realizzazione di quell’infrastruttura, si accorse che questi non conosceva il nome di Renzo Piano, autore dell’opera architettonica. Inizialmente perplesso, capì successivamente che in quel paese, in quel determinato contesto, per operazioni di quel tipo, l’architetto è l’attore ultimo di un lungo processo progettuale (conoscere/comprendere le esigenze, decidere ove dislocare l’aeroporto per non penalizzare la città, costruire l’isola artificiale, il sistema infrastrutturali di collegamento e infine l’edificio), l’architetto è solo colui che “… ha costruito il tetto”.

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© photo arcomai l Il sottosuolo rappresenta una risorsa per una città che punta a modernizzarsi. Nell’ambito deille opere di ri-strutturazione della viabilità di Barcellona, mentre i percorsi a “trincea” permettono la separazione della mobilità veloce da quella di quartiere, la realizzazione di “tunnel tecnici” ispezionabili, in cui alloggiare gli impianti per sottoservizi, rendono più economiche le opere di manutenzione e potenziamento degli stessi.


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