Bologna / E=Mc(al quadrato)

20060529_01

© arcomai l Le sezioni della mostra erano tre: quella costituita da pannelli luminosi sul caso di Bologna e delle altre città, quella centrale sopradescritta e quella dei filmati sulle 14 città a confronto.

Bolognasimuove, interessante iniziativa per un architetto -e non solo- già dall’intelligente titolo (che contiene in sé non solo l’idea di sviluppo e di mobilità, ma di mutato senso dello spazio della città, non più entità statica e definita presente in un luogo circoscritto: felice l’idea di Bologna che cambia di posizione…), si mostra negli spazi interrati dell’urban center e della Galleria Accursio di Bologna (28 aprile-28 maggio 2006), chiamando a confronto sui temi di mobilità e trasporto 14 città dall’Europa e dal resto del mondo (Bogotà, Curitiba, Firenze, Grenoble, Lille, Lione, Karlsruhe, Milano, Napoli, Portland, Porto, Saarbruecken, Torino, Zurigo); anche se non ci appare subito leggibile la logica seguita per la scelta di queste – si possono ipotizzare paragoni basati su dimensioni e situazioni geografiche simili a Bologna, oppure recenti attuazioni di politiche di mobilità – è comunque sempre interessante l’apertura e il confronto con altre realtà, anche se non è facile, per un non addetto ai lavori, capire dalla mostra quale sia il sistema migliore di trasporto, rispetto ai vari contesti, dunque se le scelte fatte per Bologna siano o meno le migliori possibili e perchè.

20060529_02

© arcomai l l Allestimento della mostra Bolognasimuove: lo spazio centrale. In questa sezione, pensata  come una sorta di censimento-indagine, il pubblico era invitato a segnalare con adesivi di vario colore il mezzo di trasporto utilizzato per il raggiungimento della mostra. Non chiaro se l’operazione fosse finalizzata solo alla curiosità e al divertimento di un pomeriggio o i dati raccolti siano ora di utilità al Comune.

La mostra è rimasta aperta a corredo di un ciclo di conferenze; nell’ultima giornata di questo sono stati invitati ad intervenire i relatori delle città in mostra; da Torino segnalo l’intervento di Armando Cucuccioni, direttore del Gruppo Torinese Trasporti, che ci ha dimostrato, dati alla mano, come il modello europeo di città si stia spostando verso quello americano-australiano di città espansa, che prevede dimensioni molto più dilatate dovute alla quasi totale assenza dello spostamento pedonale. In Europa si calcola una media di 47’ di tempo al giorno procapite dedicata agli spostamenti, pari a 2,6 anni di vita passati in viaggio per raggiungere il proprio posto di lavoro. Pippo Ciorra, la settimana prima, stessa aula e stesso convegno, aveva dimostrato, con un’efficace documentazione fotografica, l’esistenza in Italia di una realtà fatta ormai da poche nuove città continue che hanno sostituito le tante più piccole “conosciute”. Salvo poi ascoltare da John Fregonese da Portland che qui gli avanzati Stati Uniti, patria del modello della città espansa, stanno abbandonando la vita in auto di drive in e drive food per tornare al modello pedonale del centro delle città europee, o se non altro ad uno misto.

Bologna comincia dunque ora a parlare della mutata condizione della città nelle sue abitudini di vita quotidiana; ormai, infatti, è facile constatare che l’uso che facciamo della città storica è quello estetico della passeggiata, dello shopping, della visita quasi museale nel fine settimana, mentre le nostre abitudini ci dimostrano ogni giorno che la nostra vera città è un’altra, un’entità non solo fisica, fatta non solo di architettura, ma qualcosa di informe e continuo, ancora senza un nome, sommatoria di veicoli di trasporto e pezzi di più città, diversa per ognuno di noi (dunque Bologna si muove quotidianamente con i suoi cittadini ben oltre i limiti comunali ed è tutti i giorni diversa). Infatti, se pensiamo razionalmente ai luoghi dove molti di noi trascorrono una giornata tipo (auto – tracciati stradali e autostradali -, treno, metro – tracciati ferroviari -, interni, parcheggi, centri commerciali, palestre, parchi – per chi è fortunato – dove correre la sera), ci chiediamo perché continuiamo a prestare tanta attenzione alla riqualificazione e all’idea storica di città, quando, nella pratica quotidiana, è una minoranza di noi a viverla ed a utilizzarla. E perché abbiamo finora accettato, invece, come condizione acquisita, il fatto che questi luoghi – specie quelli di transito – , ma dove trascorriamo molto tempo, siano inevitabilmente “brutti”, poco progettati e pensati, e comunque esterni al problema, alla percezione e all’idea che abbiamo di città e di luogo di vita.

20060529_03

© arcomai l l Principali tracciati ferroviari ed autostradali in Europa. Deformazioni degli spazi in funzione del tempo e della velocità: infrastrutture di collegamenti veloci privilegiati portano a contrazioni spaziali e avvicinamenti geografici. Diagramma della contrazione territoriale europea causata dall’alta velocità (da “G. BOSONI, A. NULLI, Epopea del treno, Mondadori, MI 1999., ABITARE n. 453).

Dunque il lavoro e l’attenzione di architetti, progettisti, artisti, politici si deve spostare alla progettazione di queste realtà, nuovi luoghi della città contemporanea (caso delle stazioni metropolitane e dei nuovi poli delle stazioni metropolitane di Napoli, illustrati da Elena Camerlengo: per la loro progettazione sono stati chiamati artisti e architetti illustri; molto apprezzabile l’iniziativa, un po’ deludenti i risultati finora ottenuti). L’architettura si ibrida con l’infrastruttura e l’arte… Da architetti, nostro malgrado, ci rendiamo conto che dobbiamo cambiare il senso del nostro mestiere; l’architettura non è più disegno, ordine, forma, visione statica, spazio prospettico, ma strategia, processo, trasformazione, deformazione. La città è specchio di una civiltà basata sull’accostamento spesso non gestito di pluralità e diversità, messe insieme da una sommatorie di logiche anche contrastanti, che portano al generarsi di situazioni di caos, da gestire come possibili occasioni.

La ricerca di qualità dell’architettura viene spostata su nuovi parametri: l’architettura non cerca più la durata, la forma (già pensata per essere cambiata), i materiali nobili (forse perché non possiamo più permettercelo?) ma l’idea innovativa (il valore dell’architettura sta sempre più nel fatto ideativo e sempre meno nella pratica manuale-artigianale, nella “sapienza costruttiva”) che riutilizzi prodotti attinti da altri mondi (il materiale originario è ormai il prefabbricato) e faccia risparmiare – anche con la pratica del ready-made, riutilizzo intelligente del già fatto, attinta dall’arte – che dia risposte nel breve, che consenta la trasformazione, che trovi nuove estetiche nel mondo reale, anche trash e popolare. Anche nell’allestimento della mostra emergono alcuni di questi aspetti, nei temi “di cantiere” e di “lavori in corso” scelti, nel carattere effimero delle bacheche, casse già pronte per essere rispedite, nell’uso voluto di materiali grezzi. Anche se qui ci appaiono più un vezzo estetico (ancora più formale) che una reale esigenza di tempi, mezzi e spazi ridotti.

20060529_04

© arcomai l l Inaugurazione della mostra Bolognasimuove. L’ingresso alla  Galleria Accursio in Via Rizzoli. La presentazione alle autorità del materiale esposto.

Che lo spazio e il tempo fossero in stretta connessione fra loro e con la velocità ce lo aveva già dimostrato Einstein con la teoria della relatività. In realtà non ci appartengono più dei luoghi fisici perché ci spostiamo continuamente. La nostra città è oggi fatta più di tempo che di spazio. Ci spostiamo seguendo orari, indifferenti ai luoghi. Abbiamo ridotto i tempi, ma persa la possibilità di utilizzare appieno gli spazi, visto che la città la viviamo solo come movimento, quasi mai pedonale. La città contemporanea ha generato deformazioni degli spazi in funzione del tempo e della velocità: le infrastrutture di collegamenti veloci privilegiati portano a contrazioni spaziali e ad avvicinamenti geografici. La casualità della rapidità dei collegamenti non è più necessariamente legata alla geografia di attraversamento: ci sono giorni in cui è più rapido e meno costoso raggiungere una capitale europea che il proprio luogo di lavoro. Se da Bologna impiego mezz’ora per arrivare in treno a Firenze o tre quarti d’ora per arrivare in aereo a Palermo, e un’ora per raggiungere in auto il comune limitrofo la geografia è cambiata: tra Bologna e San Giovanni in Persiceto c’è Firenze.

Solo con la relatività, invertendo il modo di percepire le cose, come ci insegnano gli esperimenti scientifici, potremo dire, spettatori sul treno o sul binario, se a muoversi è il treno o la città, se la città è il treno o l’architettura e sapremo dare alla città contemporanea una risposta.


Back to Top