I nuovi luoghi della città contemporanea
“Se cerchiamo la bellezza difficilmente la troviamo”. Questa la frase-chiave di Giovanni Corbellini come risposta al tema della terza serata della rassegna Le città Ideali (tenutasi a Carpi il 4 ottobre) che aveva come argomento i nuovi luoghi della città contemporanea. Se partiamo da un’idea precostituita di bellezza al posto di progettare vivendo nella realtà del nostro tempo, tentando di interpretarla ed esprimerla nella sua autenticità, difficilmente ritroveremo la bellezza che è stata della nostra architettura nel passato; non esistono, purtroppo, ricette, stereotipi, regole per ricrearla; non ce le può consegnare la storia, continuamente allontanata dalla velocità di trasformazione dei nostri tempi, percepita ormai nelle sue forme più esteriori e meno sostanziali che ci portano solo a generare, se prese a modello, come nostre nuove “città ideali” il falso delle cittadine degli outlet o dei villaggi residenziali. Ma anche questa è la nostra realtà… Dobbiamo accettare che la città sia irreversibilmente cambiata; interessante l’introduzione su questo tema di Emilio Faroldi, che ci arriva a dire come la città non sia più un luogo fisico, interpretabile in una sua unitarietà, ma sia divenuta invece un continuo, senza un prima e un dopo, un davanti e un dietro, la cui lettura avviene da dentro, senza altri orientamenti che non siano quelli delle reti di uso, che ci restituiscono una città diversa per ognuno di noi nei suoi diversi percorsi di ogni giorno.
Se non cambiamo i nostri parametri di lettura, aprendoci senza pregiudizi ad una nuova bellezza, diversa, non riusciremo a dare alle nostre città una nuova visionarietà. Flaviano Maria Lorusso, introducendo, ci parla degli architetti come di “responsabili colti” che, partendo dalla realtà nel suo linguaggio “volgare”, diffuso, portino la verità dello spontaneismo ad una lingua strutturata, elevandolo a sublime, alla maniera dantesca. Faroldi attinge all’esperienza svizzera dei nuovi stadi e propone stadi multifunzionali anche per le italiane città di Pisa e Lucca, inserendo commerciale, direzionale, centri benessere, per farli vivere nella città e toglierli al loro tradizionale isolamento. Corbellini ci parla di un’industria committente di architettura che può essere occasione e non minaccia per il territorio, fin dalle intuizioni di un Gino Valle e del suo committente Bergamin. Pragmatismo, rapidità, velocità, pubblicità debbono diventare elementi del progetto di architettura. Pietro Valle illustra gli interventi dello studio Valle nei progetti dell’aggregato commerciale di Milano al Portello e del centro commerciale di Porta di Roma, parlandoci della realtà delle cose, dei problemi gestionali e dimensionali che progetti di questo tipo comportano. Il pubblico cerca altre risposte alla nuova bellezza: “la bellezza sensoriale è ancora esigenza solo dell’architettura” ci dice Corbellini in chiusura; l’arte concettuale ci ha insegnato a ricercare la bellezza in altre direzioni, di comprensione e crescita intellettuale; piacerebbe capire, nella contesa fra apprezzamento concettuale e rifiuto sensoriale degli edifici di Koolhas e apprezzamento sensoriale ma il ribrezzo intellettuale degli outlet, dove sia la verità. Ma, forse, ancora sbagliando a ricercarne una.