Monumento a volume zero
Viste del “giardino delle rimembranze” alla Certosa di Bologna e sua collocazione all’interno del Cimitero Monumentale.
La Certosa di Bologna ha da oggi un’area destinata alla dispersione delle ceneri accanto naturalmente alla loro conservazione, in apposite urne, all’interno dei cimiteri. Lo spazio è stato presentato oggi presso la sala stampa del Comune dall’Assessore alla Salute e Comunicazione Giuseppe Paruolo insieme alla Dott. Mauro Felicori responsabile del Progetto Nuove Istituzioni Museali di Bologna e al presidente Luigi Castagna del Gruppo Hera Bologna, l’ente gestore dei servizi cimiteriali. Questo nuovo servizio si inquadra nei provvedimenti della legge L. 30/3/2001 n. 130 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” (successivamente recepito dall’art.11 della L.R. n. 19 del 29/7/04 “Disciplina in materia funeraria e di Polizia Mortuaria” e dal Regolamento Regionale n. 4, comma 4 dell’art.5, del 23/5/2006) e consente a chiunque lo voglia la dispersione delle proprie ceneri anche all’interno dei cimiteri.
Lo spazio – progettato dall’Ing. David Rango, Sitec Srl, con la collaborazione dell’Ing. Tina Caravetta e della Dott.ssa Maria Bacchini (Comune di Bologna) – è stato collocato nel perimetro triangolare del cortile del Campo Posteriore al Campo Nuovo Sud, area facilmente raggiungibile sia dall’ingresso ai campi nuovi (ingresso Ghisello) sia dal cortile della Chiesa di San Girolamo. “Il giardino delle rimembranze”, questo il nome istituzionale, “ …è un prato chiuso da un perimetro di siepi e dai cipressi che scandiscono ritmicamente i lati dell’intero campo cimiteriale. Al centro lo spazio fissato per lo spargimento delle ceneri, un semplice cerchio, forma geometrica pura, che racchiude un basso cumulo di sassi di fiume, bagnati da gocce d’acqua. A questo spazio centrale si giunge per il rito della dispersione lungo due brevi vialetti, realizzati con lastre di pietra smussate poste sul prato, che segnano il percorso di arrivo al cerchio. Davanti al cerchio sarà installata una panchina, simbolo di riposo e meditazione. Secondo la tradizione che ha fatto grande il nostro cimitero monumentale, è prevista in futuro la collocazione di un’opera d’arte, una scultura che dia ulteriore forza espressiva allo spazio”.
Dopo la sintetica presentazione dei relatori la conferenza stampa si è animata con le domande dei giornalisti intervenuti alle quali ha in parte dato risposte il presidente Guido Stanzani della So. Crem Bologna che, leggendo un documento ufficiale e datato della Santa Sede, ha chiarito come la cremazione e quindi la dispersione delle ceneri non sia incompatibile con il credo cristiano. È possibile realizzare funzioni liturgiche prima della cremazione e commemorare successivamente i propri cari come si fa con quelli inumati? Potranno essere ricordati in questo luogo i nomi di quanti hanno trovato pace nel silenzio del “giardino delle rimembranze”? Sarà realizzato un memorial così come si usa in altri paesi europei? Come possono convivere tra loro le due funzioni funerarie? Domande e risposte prettamente tecniche hanno evidenziato come l’intervento realizzato alla Certosa – che si distingue per sobria funzionalità – necessiti ora di un’eventuale integrazione che ne valorizzi l’impianto e ne faccia riconoscere la funzione. Un concorso di progettazione nazionale per architetti, paesaggisti ed artisti sarebbe per noi lo strumento più idoneo e serio grazie al quale dare significato sociale a ciò che per ora è solo uno dei servizio gestiti dal Comune. Ciò, oltre a dare suggerimenti all’Amministrazione sul suo miglior funzionamento, creerebbe le basi per un approccio dialettico di più ampia portata sul quale edificazione (qui come altrove) quel valore simbolico/contestuale necessario che certo una panchina ed un’eventuale opera d’arte risulterebbero solo riduttivi e banali.
Infatti il rito della cremazione, ancora poco praticato nella nostra cultura, sarà d’ora in avanti un costume più diffuso e come tale bisognerebbe già da ora non accontentarsi del mero servizio civico a disposizione della comunità ma aggiornare i luoghi destinati ai defunti dando loro una connotazione contemporanea. Le persone che scelgono di tornare alla terra con la dispersione delle ceneri lo fanno per ricongiungersi alla natura secondo una modalità non tradizionale. La “conca cineraria” (il luogo in cui le ceneri verranno effettivamente disperse, raccolte e, tramite un sistema di circolazione dell’acqua, restituite alla natura) stravolge inevitabilmente non solo la struttura di ogni preesistenza cimiteriale ma anche i valori simbolici sino ad ora associati a questi luoghi. La leggerezza strutturale dell’efficienza tecnica ha bisogno di una “massa critica” che tenga sospesa nella mente collettiva un nuovo peso simbolico che è, prima che nella forma, nell’immaterialità dell’immaginario. La forma supera la funzione per diventare simbolo di arte pubblica, di comunione dei sentimenti, di nuova monumentalità al servizio del singolo prima e della collettività poi.
La monumentalità di questi luoghi non deve avere per forza una forma, un volume, una verticalità; ma essere semplicemente sensazione, messaggio, emozione; deve sapersi esprimersi con un’architettura immateriale che pur non avendo tecnicamente uno spazio interno arriva però, attraverso la negoziazione tra ambiente e paesaggio, tra costruito e non, tra orizzontale e verticale, tra il peso del passato e la leggerezza del presente, a configurare una inedita “dimensione intima” capace di donare senso di pace interiore e meditazione, di accogliere il visitatore dentro una “stanza aperta” per offrire il raccoglimento adeguato al rito, di essere “sala del commiato” per parenti ed amici che vogliono porgere l’estremo saluto ai propri defunti. La forma costruita nelle “cittadelle dei morti” può essere un “monumento a volume zero” reso maestoso solo dall’effetto sacrale della memoria. In questo quadro un concorso di progettazione non è una mera gara tra concorrenti accreditati, ma uno strumento di civiltà per una famiglia allargata di uomini e donne.