Key players di RMJM abbandonano la nave di Hong Kong per dar vita a 10 Design
© RMJM_ Will Alspo (al centro) entra in societa’ con RMJM in un momento particolarmente difficile per la compagnia (Dal sito ufficiale di RMJM).
Ieri sera ero a Casuseway Bay, una delle più vibranti e busy aree a nord dell’isola di Hong Kong. L’amica e collega Marshanda mi aveva dato il giorno prima appuntamento alle sette di sera sotto il finto orologio del Times Square, complesso commerciale a pochi passi dalla stazione metropolitana della MRT. Mi ha portato in un ristorante indonesiano dentro il Dragon Rise Building, locale impossibile da trovare, anche per chi vive da tempo, in un’anonima torre come tante in città. Ci siamo incontrati li’ perché io avevo un appuntamento allo HKIA (Hong Kong Institute of Architects) e lei un colloquio di lavoro nei paraggi. Conosco Marsha dal 2006, quando all’epoca stava ancora all’ufficio di KPF a Londra. Da poco più di tre anni lavora per RMJM, qui ad Hong Kong, anche se sta cercando di trovare un altro impiego.
RMJM e’ uno dei dieci studi più grandi al mondo (come riportato dal rapporto annuale stilato dalla rivista Bulding Design, 2011 World Architecture 100). Da diversi mesi la storica compagnia scozzese, fondata ad Edimburgo nel 1956 da Robert Matthew e Stirrat Johnson-Marshalluna, non sta finanziariamente bene. Sintomi che qualcosa non andava si erano già manifestati alla fine dello scorso anno, quando fece il giro del mondo la protesta sfociata nello sciopero e successive dimissioni di massa di un’ottantina di dipendenti dello studio di Hong Kong causa mancato pagamento di stipendi. Ero ancora a Londra quando lo scorso novembre si vociferava che RMJM era in brutte acque e che Will Alsop aveva puntato gli occhi sulla società. Quelle voci trovarono conferma un mese dopo sulle pagine dello Architect’s Journal in cui si diceva che Willy era entrato dentro la compagnia portando con se’ (dalla precedente avventura societaria, la Alsop Sparch’), una decina di progetti tra cui un pacchetto di nuove stazioni metropolitane in Canada e un grosso intervento residenziale a Masdar City (Abu Dhabi). Marshanda dice di non essere stata al corrente di queste manovre di mercato europee; tant’è che quell’operazione non ha evitato il drammatico ammutinamento di Hong Kong.
Alle defezioni dello staff di Hong Kong ha coinciso il clamoroso abbandono di cinque dei key players della RMJM, Gordon Afflect, Scott Findley, Ted Givens, Adrian Boot e Kishor Lad, che hanno deciso di fondare una nuova avventura imprenditoriale, il 10 Design, studio di cui ancora si sa poco ma che in futuro e’ destinato a diventare in Asia un acerrimo rivale dello gruppo da loro abbandonato. Alla RMJM, Affleck e Findley erano entrambi responsabili della direzione di oltre il 50% dei progetti in Asia e Medio Oriente, corrispondente a più della meta’ della risorse globali della compagnia. Opere realizzate in Cina come il ChinaNational Convention Centre, lo Zhuhai Shizimen Business District e il Nanjing Huawei R+D Headquarters sono legate alla loro figura. Givens era invece design director di RMJM ad Hong Kong, mentre Boot era un design principal per l’Europa, e Lad responsabile del design managment per l’India. Allo scalpore di questi mesi innescato dalle loro dimissioni hanno fatto seguito l’abbandono di altri professionisti di rango, come il responsabile della regione asiatica Barry Shapiro e personaggi storici degli uffici della costa orientale degli Stati Uniti, Ronald Weston e Jo Palma.
Stando a quanto riportato in un recente articolo apparso nel quotidiano Scotsman, la flessione di personale alla RMJM da 979 a 823 impiegati in quest’ultimo anno e mezzo e’ stato determinato dalla perdita di più di 150 lavori a livello mondiale. Alla luce di tanto interesse da parte dei media sulla vicende interne della compagnia, poche settimane fa un suo portavoce ha voluto tranquillizzare tutti affermando che RMJM e’ ancora in buona salute finanziaria, come lo dimostra l’aumentato il personale che ha interessato la sede di Hong Kong da 180 a 203 negli ultimi nove mesi. Il balletto di dichiarazioni e numeri, apparsi nella stampa britannica, dimostrano come la situazione sia piuttosto complessa. Rimangono ancora i dubbi su quali siano le vere cause del difficile periodo che la società sta attraversando. Tra i tanti rumors che rimbalzano da in ufficio all’altro di Hong Kong, c’è chi vocifera che dietro a tutto questo ci siano anche gravi illeciti ad opera di alcuni managers. Di sicuro il personale e’ stanco e non comprende perché a loro vengono chiesti i maggiori sacrifici quando e’ qui che arrivano le commesse economicamente più rilevanti. Ci sia aspetta un’altra ondata di dimissioni subito dopo il capodanno cinese (inizi di Febbraio), dopo cioè avere incassato i tanto graditi bonuses di fine anno.
Si dice che 10 Design abbia già portato a bordo un equipaggio di 30 elementi. Sebbene alcuni nell’ambiente pensino che la scelta dei 5 quadri dirigenziali sia legata più ad una decisione di puro opportunismo, abbandonando la nave prima della deriva, Afflect cosi’ spiega le motivazioni che hanno portato alla fondazione del nuovo studio: “10 Design nasce come reazione alla continua tendenza del consolidamento di gruppi di progettazione a scala globale. Un buon design non viene necessariamente dalle potenzialità’ economiche di una società ma dal suo impegno nei confronti della cultura creativa, dalla selezione dei suoi clienti e dalla qualità’ del progetto. Cosi’ noi siamo determinati a lavorare mirando a soluzioni progettuali di livello internazionale ma a scala regionale”. Questa voglia di tornare ad una dimensione lavorativa capace di riaffermare l’architettura sul fatturato e’ indubbiamente lodevole, ma al tempo stesso ci ricordare che proprio i fondatori di questa nuova impresa sono stati in questi anni gli artefici di un modello aziendale che ora loro, senza un atteggiamento di autocritica, mettono in discussione.
Chissà se la “formula 10 Design” riuscirà a diventare modello etico “no global” per altri studi e prevenire guai finanziari? Chissà se l’arrivo dello “terrible enfant” dell’architettura inglese potrà colmare la voragine a livello manageriale e di immagine, creatasi dopo la fuga dei “Magnificent 5”, non solo sulla scena britannica? Chissà se il prossimo anno ritroveremo RMJM nella lista delle società più grandi al mondo? E’ senza dubbio troppo presto per dare risposte a queste domande, tanto più immaginare scenari rassicuranti per il futuro dei ragazzi della sede di Hong Kong. Sebbene anche per Marshanda, il cui nome in indonesiano significa “coraggiosa”, sia difficile fare pronostici, lei dice che non si sente di mollare. Mi confessa commossa che l’è già stato offerto un posto di lavoro a pochi passi dal suo ufficio di Quarry Bay, ma solo quando la situazione degenererà allora deciderà’ di lasciare RMJM perché per lei: “.. is still alive, I will stay there. I like this company a lot, my boss, my colleagues”.