New Tools for Designing the Cities: la densità da esportare
© arcomai l New Tools for Designing the Cities. Spring 2011, Lecture Series.
“Progettare una città non e’ facile. La città e’ un’entità molto complessa che coinvolge molte discipline. Per questo motivo il cittadino ha il diritto di partecipare alla discussione sul suo futuro. Non esiste un metodo per progettare la città, possiamo solo analizzare come funziona oggi, e provare a capire come sarà nei prossimi vent’anni. Il razionalismo credeva che il disegno della città fosse un problema architettonico, ma ciò si e’ rivelato inesatto”. Inizia cosi’, Joan Busquets, con frasi secche e scandite con un elegante accento spagnolo, l’introduzione alla sua lezione, intitolata New Tools for Designing the Cities, sesto degli appuntamenti della Spring 2011, Lecture Series organizzato dalla facoltà di architettura della Università’ di Hong Kong. Busquets è docente presso la Scuola di Architettura di Barcellona e dal 2002 è Professore di Progettazione Urbana presso la Graduate School of Design dell’Università di Harvard. Fu Capo del Dipartimento di Pianificazione di Barcellona durante gli anni cruciali delle Olimpiadi del 1992, ed oggi è una delle figure di riferimento per l’urbanistica a livello internazionale.
“ Ora con google map e’ più facile progettare la città”. Con questa frase il relatore entra nel viso della sua presentazione. Per far comprendere l’utilità di questo strumento accessibile a tutti confronta una foto aerea di Boston con una mappa cartografica del ‘600, che raffigura la città statunitense in forma di embrione, aggiungendo: “Boston sembra che sia sempre esistita cosi’, ma in realtà era un solo un villaggio su una piccola isola”. Dall’America il relatore passa all’Asia e mostra una foto di Hong Kong da lui scattata vent’anni fa, quando visito’ per la prima volta la città. Lo scopo e’ quello di mostrare il profondo cambiamento della morfologia urbana a vantaggio di una densità urbana che il professore catalano definisce “un modello da asportare”. Milano e’ un’altra città da prendere per esempio. Lui la definisce “bella” e questo perché possiede tutta una serie di piccole città attorno ad essa che lavorano per lei.
La sezione successiva della sua lecture inizia con la frase: “Solitamente un urbanista lavora sulla città per parti, per poi tentare di ricomporla”. Si rivolge direttamente agli studenti allo scopo di spiegare loro che l’approccio al progetto urbano non può essere affrontato allo stesso modo con cui loro disegnano una costruzione, ed aggiunge: “Non si trasforma una città con un solo edificio”. Il proiettore si ferma sul museo di Bilbao, preso ad esempio come una delle più riuscite operazioni di marketing urbano al mondo. Ma questo successo non e’ dovuto come solitamente si crede – spiega l’urbanista – al solo edificio progetto da Frank Gary. Infatti il museo era solo una piccola parte degli investimenti stanziati per il rinnovamento della città basca, che ha costruito attorno ad esso stazioni, alberghi, negozi e spazi pubblici.
L’approccio progettuale di Joan Busquets ha origine da una comprensione chiara e profonda delle logiche che improntano l’evoluzione delle città e che, come lui stesso sottolinea, sono tanto radicate da rivelarsi sempre e comunque più forti di qualsiasi grande intervento. Un atteggiamento metodologico più volte definito “realismo ambizioso” rivelatosi valido sia nel riuscitissimo caso di Barcellona che nei molti esempi di pianificazione a livello internazionale da lui coordinati. Tra questi il professore ha illustrato alcuni interventi da lui progettati in alcune delle più importanti città europee come Rotterdam (ZKZ-South Rotterdam, 1999), Delft (Masterplan for Railway area in central Delft, 2001), Toledo (Toledo new urban entrance, 2002), Ginevra (MICA. New Town in Geneva, 2004) e per poi concludere con l’esperienza di Barcellona.
Come da copione, il docente della facoltà, che solitamente presenta l’ospite ai convenuti alla lecture, chiede a i suoi studenti di porre quesiti al relatore. Un ragazzo rompe l’indugio, curioso di sapere se nello sviluppo dei suoi progetti l’urbanista si avvale dell’utilizzo di programmi parametrici. Lo studente crede che tra i “new tools” dell’urbanistica contemporanea ci sia il software. Il professore tenta di spiegare che il computer e’ solo un mezzo che aiuta il progettista a costruire la sua idea di città. Questa risposta – invece di chiarire – mette in discussione l’intera lezione. Ma quali sono i nuovi strumenti “for designing cities”? Il professore non li ha elencati nel suo discorso. Chissà, forse non esistono. O quelli nuovi sono sempre gli stessi, un po’ aggiornati, perché le questioni del “vivere urbano” non sono mutate nei secoli. Sarebbe stato invece interessante che Busquets avesse approfondito la questione sulla “high densiity” Made in Hong Kong – solo sfiorata all’inizio del suo intervento – spiegando, magari, come e perché’ esportala in occidente insieme al senso di urbanità e cittadinanza – che la densità urbana genera – entrambe entità socialmente “parametriche”, ma che il “cervello elettronico” non e’ ancora in grado di elaborare.
© arcomai l New Tools for Designing the Cities. Spring 2011, Lecture Series.