IJP (Finally): Mathematics in Practice

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© arcomai l IJP (Finally): Mathematics in Practice.

Si e’ chiuso oggi il ciclo Spring 2011: Lecture Series, organizzato dalla Facoltà di Architettura della Hong Kong University, che ha visto avvicendarsi dal 28 Gennaio otto ospiti internazionali, testimoni di esperienze inereanti  tematiche del progetto. Titolo di questo ultimo appuntamento e’ IJP (Finally): Mathematics in Practice, presenziato da George L. Legendre,  co-fondatore dello studio JPJ Corporation.

L’architettura e la matematica sono da sempre legate in modo inscindibile non solo dai numeri, che fanno riferimento a misure, proporzioni, calcoli strutturali e costi di costruzione, ma dalla dimensione sperimentale, spesso anche astratta – se non addirittura contemplativa – che fa di entrambe, due discipline con una forte componente di sperimentalità. In un questi ultimi due decenni questo legame si e’ rafforzato con l’applicazione e diffusione della computerizzazione. Lo studio londinese di progettazione IPJ si distingue, nel panorama internazionale, per l’adozione di un approccio matematico che, attraverso l’elaborazione di  equazioni, permette di generare superfici che diventano architetture.

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© arcomai l Henderson Waves Bridge.

“Oggi vi parlerò’ di superfici. Parlare di superfici e’ come parlare di analogia, cioè di qualcosa che assomiglia ad altro”. Con questa frase, Legendre apre la sua lecture, ed aggiunge: “Io scrivo non tanto con parole ma con simboli. Il mio linguaggio e’ fatto di forme e modelli […] Invece di scrivere delle frasi noi scriviamo formule matematiche. Le nostre superfici non esistono […] La materialità non ha a che fare con il materiale impiegato, ma col modello matematico […] Con un’equazione possiamo costruire qualsiasi forma”. Per spiegare questi concetti l’architetto prende ad esempio lo “indexical Model” che e’ un modello astratto che può essere collocato tra la rappresentazione grafica di una funzione matematica e una possibile architettura. Per generare la superficie si unisce la funzione di una “implicit surface” (superficie con un solo parametro) con una a più parametri, ottenendo cosi un “percorso” attraverso un “campo”. La costruibilità di questa superficie e’ facile ed economica da realizzare con un modello di studio. Basta semplicemente triangolare/piegare un “modulo”, che puo’ essere per esempio un un pezzo di carta rettangolare. Quando si assembla questo elemento con gli altri, si deve scegliere se mettere la piegatura sopra o sotto. La superficie può assumere sembianze anche complesse, seppur composta da elementi elementari.

Continua poi il relatore: “Secondo il pragmatismo anglosassone, una distanza e’ quello spazio compreso tra A e B. Per noi ogni distanza viene tradotta in matematica”. E cosi’ e’ stata ottenuta la luce (280 metri) coperta dal Henderson Waves Bridge. Il ponte pedonale, progettato insieme allo studio di ingegneria AKT, e’ il risultato finale del concorso indetto dalla Singapore’s Urban Redevelopment Authority nel 2004. L’opera si caratterizza per la sofisticata ed elegante silhouette, ottenuta attraverso la sovrapposizione di più curve, generate rispettivamente da funzioni algebriche. La struttura sinusoidale e’ costituita da archi e catenarie in acciaio che supportano il piano di calpestio (1500 mq.) in legno, di cui ogni pezzo e’ irregolare. Questo progetto e’ la prima opera costruita da IJP, e traduce in pratica le teorie tettoniche riportate nel libro, scritto da Legendre, IJP, the book of surphases (Architectural Association, 2003)”. Il saggio, pensato come una “tabella” fatta di righe e colonne come le spreadsheet (foglio elettronico o foglio di calcolo), introduce un nuovo approccio alla progettazione delle superfici, poi adottato dallo studio in altri progetti.

Come si e’ accennato, i lavori di IJP prendono forma da funzioni matematiche periodiche che determinano le dimensioni, la forma e la natura degli spazi. Questo porta alla creazione di geometrie in apparenza estremamente chiare e pulite ma in realtà altamente complessa ed “erudite” rispetto alla più commerciale architettura parametrica che vediamo esibita su riviste e blogs. Per raccontare il loro lavoro il relatore ha mostrato quattro progetti, tutti elaborati per concorsi di progettazione, a confermare l’approccio sperimentale che distingue il loro lavoro. Tra questi troviamo due padiglioni temporanei e due edifici pubblici.

Il Pavillion per lo Yeosu 2012 Expo (Korea, 2009) e’ dedicato al futuro sostenibile dell’oceano. L’edificio si presenta in forma di guscio ottenuto attraverso una “inversive geometry” che garantisce principi razionali di fabbricazione. Lo Art Fund Pavilion (Woking, Inghilterra, 2009), che funzione come galleria e sala per seminari all’interno del cortile del Lightbox Museum, e’ invece un manufatto di soli 35 mq. Il padiglione, interamente prefabbricato in legno, si distingue per essere rivestito da una scatola a maglie il cui ingresso e’ ottenuto da una “scucitura” della stessa. Il Rising Dunes (Zaabel Park, Dubai. AEU) e’ una scultura/landamark (identificata col titolo “Sand is the Future”) pensata per celebrare le origini della nuova metropoli del deserto. L’opera alta 170 metri e’ una “piastra” permeabile con una cavità interna rastremata verso l’alto. La staticità, calcolata da AKT, e’ garantita dalle piegature della “pelle a rete” che dalla base vanno via via scomparendo in prossimità della cima che raggiunge uno spessore di soli 3 metri. Il Museo d’Arte Contemporanea Mocape di Shenzhen (China, 2007), elaborato insieme a Max Kahlen, si caratterizza per una copertura a maglie quadrate che coprire l’intera area a disposizione (1800 mq). L’edifico e’ sorretto da colonne scatolari tutte diverse tra loro ricavate dall’estrusione verso il piano di ingresso di alcuni moduli della maglia. L’idea – dice Legendre – nasce dall’analogia con l’erosione della materia sotto gli agenti naturali, e per questo lui la definisce come “natural formation”.

Parafrasando il titolo di un saggio scritto da Peter Cook, “21 Years, 21 Ideas”  (AA Publications, 1985), il nostro chiude il suo intervento affermando che per loro e’ più ragionevole solo “10 years, 1 idea”.  Quest’ultima affermazione ci da’ un’idea del “fattore tempo” che sta dietro alla ricerca progettuale dello studio IJP. In un’epoca in cui l’applicazione delle tecnologie all’architettura sembra finalizzata a produrre con frenesia “forme nuove” cosiddette iconiche, questo approccio “scientifico” all’architettura sembra voler rallentare i tempi per far riflettere sul perché’ e come si progetta.

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 © arcomai l IJP (Finally): Mathematics in Practice. Fotogrammi dalla presentazione di George L. Legendre.


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