“Our Amazon Frontline” are “Yours”
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
La terza partecipazione del Perù alla Biennale di Venezia, con un proprio padiglione, pone l’architettura su di un piano inedito e coraggioso – quello critico-pragmatico. Curatori e commissari, coinvolti nella realizzazione del proprio padiglione nazionale, non sono partiti da Lima per trascorrere una vacanza alla 15a Mostra Internazionale di Architettura, ma per rispondere alla “chiamata alle armi” di Aeyandro Aravena (direttore di questa edizione) il quale – col tema “Reporting from the front” – ha pensato di chiamare all’appello gli architetti invitandoli ad interrogarsi su diversi ambiti d’azione contro l’inquinamento, le diseguaglianze sociali, la crescita incontrollata delle metropoli, i disastri causati dalle calamità naturali, la carenza di alloggi, le migrazioni ma anche per il diritto d’accesso alle strutture igienico-sanitarie, a quelle scolastiche e a tutti quei servizi primari che ogni popolo dovrebbero usufruirne grazie anche alla partecipazione delle comunità locali.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
Il “fronte” di cui parla il Perù – e che gli è valso la menzione speciale della giuria – ha per titolo “Our Amazon Frontline” e fa riferimento ad una parte del mondo molto speciale, quella appunto della Foresta Amazzonica, che – pur coprendo il 61% della superficie del territorio peruviano (785.000kmq) – e’ abitata solo per 10%. Un vastissimo “campo di battaglia” dove si scontrano due visioni del mondo: quella “ancestrale” (degli antenati per-colonizzazione) e quella “acquista” (per non dire imposta dai coloni europei) in un rapporto conflittuale tra universi apparentemente dissimili che potrebbe diventare una preziosissima risorsa.
© arcomai I Padiglion del Perù, Our Amazon Frontline.
E’ quello di cui sono convinti i due curatori del padiglione, gli architetti Sandra Barclay e Jean Pierre Crousse, che partendo dal concetto di “confine” – inteso come limite da superare sia a livello culturale (contraddizioni, disparità, carenze, …) che fisico (raggiungere i luoghi più reconditi della foresta e portare infrastrutture primarie alle sue popolazioni) – propongono un virtuosissimo e capillare programma di edilizia scolastica al centro di un processo di ricucitura culturale ed ambientale in cui gli ambiti emancipati del sociale, della politica e dell’economia sono messi a servizio delle popolazioni indigene per la conservazione delle loro tradizioni e la salvaguardia di un delicato habitat, la cui integrità è alla base della nostra stessa sopravvivenza.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
I contenuti della mostra possono essere ordinati in tre “narrative”. La “narrativa ecologica” che celebra il più antico, efficiente, ecosistema del mondo: in 1kmq di foresta si possono trovare un diorama di piante pari a quello di tutta l’Europa (4700 specie). Non solo, il bacino amazzonico regola l’atmosfera del pianeta assorbendo 5Mld di tonnellate di anidride carbonica dando in cambio il 20% della produzione di ossigeno. A ciò si deve aggiungere un altro primato: qui viene trattenuto ben un 1/5 dell’acqua (non ghiacciata) di tutta la terra. La “narrativa della produzione” vede l’Amazzonia come una fonte di risorse naturali, un tempo creduta inesauribile. Sebbene sia ancora il miglior ecosistema preservato sul pianeta, circa il 20% della superficie ha subito e sta subendo un devastante processo di deforestazione a causa del crescente espandersi di aree adibite a pascolo e agricoltura che insieme al cinismo di un mercato avido di legno, oro e petrolio sta compromettendo irreparabilmente l’equilibrio di questa importante regione del/per il mondo. Infine, la “narrativa conservazionista” rivendica la foresta pluviale come “isola verde” da tutelare con la creazione di riserve naturali ed aree protette.
“Plan Selva”. (Courtesy of Ministry of Peru Education).
L’ingresso nel padiglione, al primo piano della Sale d’Armi Nord all’Arsenale, è un’immersione nell’oscurità della selva attraverso un percorso suggestivo realizzato elaborato dal fotografo Musuk Nolt con teli neri su cui sono impressi ritratti di persone ed immagini d’animali. Da qui si accede al primo ambiente espositivo dove vecchi banchi e sedie, provenienti da una delle queste scuole perse nella foresta, sono sospesi a simboleggiare le difficoltà e precarietà del “fare educazione” in questa vastissima parte del paese. Per rendersi conto dello stato dell’arte delle condizioni scolastiche in Perù riportiamo qui alcuni dati. Il 50% delle strutture scolastiche necessitano interventi di consolidamento e manutenzione. 15mila strutture esistenti sono a rischio di inondazioni. Solo il 15% delle infrastrutture hanno accesso all’acqua, all’energia, all’igiene di base. Il tempo che separa le abitazioni dalle scuole può arrivare a 5 ore e mezza. Ciò ha un impatto devastante sulla vita degli abitanti considerando che 6 abitanti su 10 ha eta’ scolare dai 6-18 anni.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
Attraverso questa sala si accede al cuore della mostra, l’esperienza del “Plan Selva” illustrata al pubblico mediante plastici, foto, diagrammi, disegni e video. Si tratta di un innovativo programma pubblico su grande scala impegnato nella costruzione e consolidamento di centinaia di scuole nelle parti più inaccessibili della Foresta Amazzonica. Alla base di questo progetto c’è un nuovo programma educativo che favorisce il multiculturalismo e allo stesso tempo preserva i linguaggi dei nativi: 51 delle 54 etnie che abitano il Perù vivono nella forata e parlano 44 delle 47 lingue del paese. Il programma si avvale di moduli prefabbricati, facilmente trasportabili anche in aree non servite da strade.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
Questi edifici sono poggiati su plinti in cemento per proteggere le classi dalle inondazioni, hanno travatura e tetto in metallo con tamponature in legno, il tutto a formare ambienti in grado di essere adattabili ad usi diversi. Le partizioni interne sono “intelligenti”, attrezzatili come arredi e pensate per favorire la ventilazione naturale. I moduli spaziali sono flessibili, facili da assemblare in modo anche di assumere configurazioni e topologie diverse in base al luogo dove verranno realizzate. Al centro dell’esposizione si trova un tavolo sul quale il visitatore si può cimentare nella composizione concettuale di questi edifici mettendo insieme elementi modulari primari in legno. Questo spazio e’ riverito da una lunga fascia fotografica chiamata “Amazograms” ideata dal fotografo Roberto Huarcaya. Questa gigantesca istantanea e’ stata realizzata mediante una sofisticatissima tecnica in grado di imprigionare la “impronta” ambientale della giungla.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.
In questo padiglione per pochi minuti il visitare torna a scuola per ri-aggiornarsi sulla geografia, approfondire gli aspetti territoriali, storici, etnico-culturali di un paese, e capire l’incredibile patrimonio delle popolazioni indigene della selva nonché il bisogno della salvaguardia di un ecosistema la cui compromissione potrebbe avere delle inaspettate implicazioni a livello globale. Grazie a questa esperienza l’architettura esce dalla sfera auto-referenziale della disciplina ordinaria, dove nella città trova l’ambiante dialettico più sicuro n cui nascondere i suoi limiti, per entrare in una dimensione “nuova” in cui le sue sicurezze perdono la loro ragione d’essere.
Vivendo io da anni lungo la fascia tropicale del versante asiatico sud orientale, vedo in questa esperienza peruviana un esempio attraverso cui creare “ponti culturali” su scala extra-continentale. In Arcomai abbiamo recentemente documentato l’esperienza portata quest’anno alla Biennale dalla Thailandia con un programma di edilizia scolastica simile (nell’approccio politico/pragmatico) a quello di “Plan Selva”, anche se quella tailandese era finalizzata a riparare i danni causati dal terremoto che nel Maggio del 2014 colpi’ la regione di Chiang Rai, un’importante provincia settentrionale del paese. (Vedi The Class of 6.3: Rebuilding Nine Schools). L’esposizione ricorrente a piogge intense ed allagamenti, l’alta natalità, la povertà, il bisogno di alfabetizzazione e la salvaguardia del aree rurali rendono queste due regioni del mondo molto simili, anche se cosi’ lontane tra loro. Oggi abbiamo imparato che anche le piccole “architetture per i bambini” possono contribuire ad avvicinare “fronti” storicamente opposti, grazie ai quali la nostra disciplina ritrova credibilità e rispetto.
© arcomai I Padiglione del Perù, Our Amazon Frontline.