La quarta dimensione di “City and Memory” per fermare il tempo del Vietnam

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory”.

Agohub è l’iniziativa di un gruppo di giovani creativi guidati dal suo fondatore, Nguyen Tuan Anh, che dal maggio del 2017 opera ad Hanoi come centro polifunzionale (indipendente) dove architetti, designers e artisti possono incontrarsi, discutere e scambiarsi idee. Lo spazio offre una biblioteca, una sale conferenze, un caffè, spazi espositivi e di lavoro. Oggi Nguyễn Thế Sơn, uno dei più noti artisti contemporanei del paese, ha inaugurato una mostra dal titolo “City and Memory”. Obiettivo della proposta e’ mostrare (dal suo singolare punto di vista) la rapida metamorfosi del paesaggio urbano vietnamita e far riflettere in modo critico sugli effetti del drastico cambiamento della società in Vietnam in questi ultimi tre decenni. Nato ad Hanoi nel 1978, Son e’ artista, fotografo e docente. Nel 2008 si e’ trasferito in Cina per studiare al CAFA ( Accademia Centrale di Belle Arti) di Pechino, dove nel 2012 ha un conseguito il master in fotografia. Risale a quarant’anni l’inizio della sua personale ricerca artistica caratterizzata da composizioni fotografiche tridimensionali.

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory” – 346 Kim Nguu Apartment Building (100cm x 200cm / 2016).

La mostra, che rimarrà aperta fino al 31 Marzo, espone una raccolta di opere che hanno per oggetto le “variazioni sul meta” della Nha Mat Pho, la folkloristica “casa di fronte alla strada” di Hanoi caratterizzata dalla distorsione della facciata originaria ad opera di superfetazioni estemporanee (tetti e tettorie, aggetti, balconi, logge, …), cartelloni pubblicitari ed altri elementi che hanno completamente cancellato l’aspetto dell’edificio cosi’ come era progettato. Adottando una tecnica da lui denominata di “foto-rilievo”, l’artista scompone (ritagliando) e ricompone (assembrando) porzioni fotografiche di facciate secondo una struttura tridimensionale che assomiglia fisicamente agli strati di trasformazione che le case hanno subito negli anni.

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory”.

Sơn – parlandoci della mostra – cosi’ ha sintetizzato: “Hanoi è una grande città fatta di piccole aree urbane stratificate tra loro. Oggi queste aree stanno svanendo insieme a strade e mercati che già portano nomi diversi. I ricordi della città continuano a svanire con il tempo, a causa anche dell’ondata di persone che senza sosta migrano in questa città. Esiste il rischio reale che una città possa perdere la sua memoria o non avere alcun ricordo di se’ stessa. Se non era accaduto prima con la guerra, accade ora a causa dell’insensata pianificazione urbana che sta portando alla negazione della memoria. (In Vietnam) le città sono più grandi, le strade sono più larghe e i marciapiedi sono sempre più distanti l’uno dall’altro. Forse dovremmo misurare il rapporto di umanità della città con i passi delle persone, con le ombre negli spazi pubblici che facilitano gli individui a stare più vicini tra loro. Una volta Hanoi aveva rapporti perfetti di vita umana, ma negli ultimi anni la programmazione urbana si sta muovendo in una direzione sbagliata (speculazione) che ha profondamente messo in crisi quell’equilibrio tra i rapporti umani che avevamo in precedenza. Inoltre, sta distruggendo gli spazi di memoria della città. Scopo di questa mostra è cercare di salvare i ricordi e stimolare il pubblico a riflettere sul valore della memoria prima che sia troppo tardi”.

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory”.

In questa mostra il lavoro dell’artista va oltre la mera tecnica grafica. La sua e’ un’opera documentaristica applicata all’archeologia del moderno che tenta di ricostruire i mutamenti della società attraverso la metamorfosi degli edifici. Il risultato e’ dirompente. Mentre le case si trasformano per adattarsi ai bisogni quotidiani di chi le abita, le loro facciate traducono specularmente il costume morale e fisico della società stessa. Il fronte stradale non esiste più come parte integrante del disegno della città. E’ diventatalo un sistema di schermi autonomi, un mero supporto su cui aggiungere qualsisia cosa serva. Il risultato e’ un’esplosione volumetrica in corso, un ready made urbano che sfida le regole della tettonica, dell’estetica e del buonsenso. La metabolizzazione della casa e’ la metabolizzazione del progresso sulla società e viceversa. Il caos e l’abusivismo diventano prima esigenza e poi norma; ciò che era pianificato prima viene ora annullato dal disordine per poi affermarsi come regola e generare nuove tipologie. Tutto questo e’ il vero moderno.

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory”.

Ed e’ proprio la modernità la vera deus ex machina della città; e’ lei che divora tutto, supera la tradizione, annulla la memoria, per poi diventare essa stessa espressione estetica. Non a caso il termine modernité fu utilizzato per la prima volta da Charles Baudelaire. Per il poeta francese significava la sfuggevole ed effimera esperienza della vita condotta all’interno della città, e anche la responsabilità dell’artista di catturare quell’esperienza e di esprimerla nelle forme più diverse, suggestive ed originali. Sebbene il significato di modernità sia oggigiorno ancora associato a concetti “positivisti” come progresso, innovazione e tecnologia – tutti processi tra l’altro in cui l’individuo e’ escluso – in realtà gli effetti del progresso sulla vita quotidiana hanno assunto accezioni negative come disagio e disorientamento per il singolo, che ha visto perde i propri punti di riferimento (ricordi) ai quali è storicamente associato, per poi perdersi dentro quel fenomeno sociale della globalizzazione (post-modernità) con evidenti evidenti conseguenze sul piano sociale che identitario delle persone.

© arcomai I Allestimento della mostra “City and Memory”.

Sebbene in “City and Memory” le opere vengano introdotte come composizioni fotografie in 3D, io intravvedo, per quanto detto sopra, una dimensione altra una – quarta dimensione – da intendersi non tanto come estensione spaziale quanto condizione strettamente temporale. Infatti Sơn ha creato una sorta di macchina del tempo che segue un percorso a ritroso per ritrovare la facciata originale degli edifici – che ormai e’ andata persa – e tentare di ricostruire il suo ricordo in profondità. E’ proprio la profondità il segreto dietro a questa operazione; o meglio la costruzione prospettica secondo il criterio della visione simultanea da ogni angolazione tanto da distorcere le componenti spazio-temporali dell’oggetto. Invero, l’adozione di differenti punti di vista da parte dell’osservazione presuppone la capacità dello stesso di muoversi nel tempo attorno al manufatto artistico attraverso la percezione di una variabile temporale. Questo processo implica lo sforzo di comprendere cosa si sta guardando e, quindi, di prendere coscienza di cosa c’era prima.

© arcomai I Nguyễn Thế Sơn intervistato dalla stampa.


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