Phung Hung Street, la strada che ad Hanoi celebra la favola della vita
© arcomai I Il progetto di arte pubblica lungo la Phung Hung Street.
L’autoritratto, inteso come opera figurativa, ha per oggetto la rappresentazione del suo autore; è un modo di fare arte intrinsecamente riflessivo in cui l’artefice cerca di compiere una lenta indagine sulla sua persona, giungendo con immenso sacrificio a raccontare se’ stesso. Il prodotto e’ una rappresentazione che vale tutta una vita. Ad Hanoi e’ da pochi giorni operativo un progetto d’arte pubblica che e’ sta frastornando una strada del centro in location per sets in cui praticare una particolare forma di autoritratto, il “selfie a distanza”. Si tratta dell’installazione di una serie di opere figurative lungo un tratto della Phung Hung Street, nel distretto centrale di Hoan Kiem.
Per essere onesti i protagonisti occasionali di questa strada non praticano esattamente l’auto-ritratto – inteso come selfie (da self = “auto” + –ie = suffisso che indica “esattamente”) – perché la distanza dell’obiettivo dell’apparecchio (smatphone o tablet) rispetto al soggetto (persona) dentro lo spazio (sfondo) non e’ sufficiente da poter catturare tutto il campo (artistico), che e’ il senso dell’azione. Ma essi praticano abitualmente la “fotografia dinamica” come altri miliardi di persone nel mondo; e benché ci troviamo (apparentemente) di fronte all’attività di posa fotografica “a mani libere”, perché’ questa viene solitamente scattata da una persona terza, il fine e’ pressoché lo stesso dell’autoritratto digitale: condividere sui social networks (Facebook, Twitter, Instagram od altre applicazioni come Zalo – che e’ la versione vietnamita di Whattsapp) l’attimo; celebrare il momento da cui ottenere riscontri positivi, like, stickers, emoji, gifs animati, feedbacks commenti, approvazione o gradimento da parte di followers o conoscenti. Ma che cosa rimane di tutto questo? Della memoria dell’attimo? Del significato?
© arcomai I Il progetto di arte pubblica lungo la Phung Hung Street.
Ad un mese dalla sua apertura, inaugurata il 3 febbraio, la strada dei murales e’ già stata visitata da migliaia di visitatori, divenendo una destinazione obbligatoria per i cittadini della capitale vietnamita e turisti. Scopo del progetto e’ quello di promuove la cultura, migliorare il paesaggio urbano e incentivare lo sviluppo economico-turistico in un’area della città per molti anni non valorizzata. Si tratta di 19 opere posizionate all’interno degli archi della sopraelevata ferroviaria che porta alla stazione di Long Bien, uno dei simboli della città. Di queste 8 opere sono state realizzate da artisti coreani, 9 da colleghi vietnamiti e 1 dalla collaborazione tra pittori dei due paesi. Il tutto lungo uno sviluppo stradale di circa 200m. I temi riprodotti sono quelli di luoghi noti che rievocano immagini del passato come il ponte di Long Bien del 1901, il mercato di Dong Xuan, gli scorci folcloristici della città e i tanto amati venditori ambulanti, tutte rappresentazioni che evocano ricordi ed orgoglio nazionale. Le tecniche sono varie: trompe l’oeil, incisione, collage o pittura 3D. L’iniziativa e’ stata realizzata col sostegno del Korea International Exchange Fund e del programma di insediamento popolare UNDP in occasione di 25 anni di diplomatico relazioni tra i due paesi.
© arcomai I Il progetto di arte pubblica lungo la Phung Hung Street.
In un mondo “mobile” e senza tempo, tipico dell’era digitale dove tutto è a distanza di un post, la raffica di scatti a cui le “vittime” si sottopongono sono fotogrammi di una clip che parla della propria esistenza. Purtroppo molte di questi frammenti verranno cancellati secondo la selezione spietata della fotogenia, per cogliere la sintesi dell’attimo. La riproduzione di noi stessi e’ oggi un fenomeno sociale, lo specchio della società globalizzata in cui viviamo, un mezzo fondamentale di comunicazione, uno strumento indispensabile per lo bisogno spasmodico di raccontarsi, di mettersi al centro della narrazione, di eleggerci protagonisti del nostro personale reality show, anche se il reale destinatario della foto non siamo noi stessi, ma gli altri.
In ciò Phung Hung Street rappresenta un caso di comunicazione straordinariamente efficace. Un catalizzatore sociale di eccezionale effetto. Un luogo dove darsi appuntamento, dove iniziare una conversazione, dove e trascorrere del tempo con amici e familiari. Nel fine settimana sembra di essere negli studios hollywoodiani, un sorta di cine-citta’ nazional-popolare gremita di figuranti. Qui non si chiede ad un passante di scattare una foto perché non ci si fida di lui. Qui ci si viene con l’amica del cuore, la moglie, il fidanzato, i colleghi del lavoro, i compagni di scuola e, perché no, con la famiglia intera. Nulla e’ lasciato al caso, perché l’attore e’ anche autore. Si viene già preparati. Si sa già dove andare a posare. Ogni arco ha una sua storia magica. Non si fa il giro del luna park. Sembra che il copione sia stato già scritto prima. Le posa, gli sguardi, il sorriso, il vestito, il trucco; tutto già calcolato, tutto a proprio posto prima di diventare parte della scena che (per prospettiva ed tecnica di rappresentazione) si dimostra un intelligente sfondo teatrale in cui confondersi o addirittura prendere il controllo. Il suono dei motorini, il passaggio delle auto, il rumore dei clacsons, le voci, le risate delle persone tutto contribuisce a rendere una banale finzione, uno sogno, una fiaba in un’esperienza straordinariamente reale, un iperrealismo per la finalità effimera di un post. Una momentanea fuga dalla realtà per entrare in qualcosa dimensionalmente più grande.
© arcomai I Il progetto di arte pubblica lungo la Phung Hung Street.
Per chi osserva dall’altra parte delle strada si assiste ad una rappresentazione teatrale unica. L’Ingenuità delle azioni, l’inconsapevolezza dell’intimità esposta dai visitatori al pubblico e’ la musa di questa commedia della vita. Ogni arco circoscrive un mondo intimo, domestico, privato; una stanza aperta con sfondo che fa da subconscio agli ideali interiori dei suoi protagonisti. Le foto finali saranno inevitabilmente quadri stessi, opere di artisti inconsapevoli; mentre la trasformazione del luogo (da spazio pubblico a camera privata per poi ritornare a luogo collettivo) ricorda il cambio di scena in un’opera lirica. Paradossalmente lo “autoscatto assistito” e’ una manifestazione di appartenenza ed identità, una forma di racconto che va oltre la vita dell’autore, un atto semplice ma con uno straordinario carico di significato. E’ una specie di ritorno alle origini, un atto individuale che diventa sociale – e quindi identitario – nel momento in cui la foto singola diventa oggetto di giudizio ed approvazione da parte degli altri utenti della Rete. Il resto sono solo fischi o applausi (stickers, emoji e gifs) come in ogni palcoscenico che si rispetti.
© arcomai I Il progetto di arte pubblica lungo la Phung Hung Stre