Plaza de Colón, il (mio) centro della “Terra di Mezzo”

© arcomai I Manifestazione contro la mascherina a Plaza de Colón (fotogramma dal notiziario della rtve.es).

Quando si vive per lungo tempo lontano dal luogo da cui si proviene, si e’ sempre legati a ricordi che ti riportano emotivamente a quella località, anche se a volte fai fatica a riconoscerti quando vi torni. Allora, cambiando regolarmente paese può succedere di voler cercare un “luogo altro” che ti dia emozioni simili, una “città” che ti faccia sentire a casa; una “capitale” nuova dove (ri)trovare quei valori primari che ti hanno accompagnata negli anni. Quel luogo l’ho trovato oggi in Madrid. Da un paio di giorni la TV spagnola commetta la manifestazione che si e’ tenuta a Plaza de Colón.

Almeno tremila persone si sono riunite nella piazza, dedicata a Cristoforo Colombo (Cristóbal Colón in castigliano), per protestare – al grido “Libertad, Libertad!” – contro l’obbligo generalizzato dell’uso della mascherina (imposto dal governo spagnolo), ma soprattutto contro un’informazione che, durante questo difficile periodo che l’umanità sta vivendo a causa della pandemia, per alcuni in Spagna non sembra comportarsi in modo indipendente, se non addirittura agire come strumento di censura. Un evento questo per me spettacolare e significativo che fa di questo luogo un catalizzatore carico di simboli e contraddizioni.

© arcomai I (in senso antiorario): Torres de Colón, “Donna con lo specchio”, “Rana della fortuna”, “Monumento della Scoperta dell’America”, “Julia” e “Monumento a Cristoforo Colombo”.

Avevo visitato la piazza solo qualche giorno fa per vedere sia le Torres de Colón, complesso attualmente sottoposto ad un progetto di ristrutturazione da parte dello studio Luis Vidal + Architects, che AXIS, l’edificio (oramai completato) adibito ad uffici e commercio progettato dallo studio Foster + Partners, che va a rimpiazzare la sede della Barclays (degli architetti Girona Antonio Perpiñá e Luis Iglesias) famosa per la sua inequivocabile facciata “brutalista”. Deluso del fatto che i lavori d’ampliamento delle torri, progettate negli anni ’70 dal noto fondatore dello Estudio Lamela, non siano ancora iniziati e della banalità compositiva del progetto del rinomato studio britannico, acclamato come nuovo landmark della capitale nonché flagship di una grande azienda multinazionale, ho pero’ trovato non vana la mia visita qui scoprendo tre opere d’arte contemporanea su cui imbastire alcune considerazioni. Si tratta di tre sculture tangenti alla piazza/rotatoria dove al centro della quale primeggia la statua di Colombo. La prima e’ dell’artista Fernando Botero denominata “Donna con lo specchio”; la seconda, rappresentate una testa di donna intitolata “Julia”, e’ di Jaume Plensa; mentre la “Rana della fortuna” appartiene a Eladio de Mora (alias dEmo).

© arcomai I “Donna con lo specchio” (Fernando Botero).

La scultura dell’artista colombiano si trova alla fine di Calle Génova nel punto d’intersezione tra Paseo de la Castellana e Paseo de Recoletos, protetta al centro di un’isola spartitraffico che separa le Torri di Colombo ed AXIS. L’opera d’arte, realizzata nel 1987, rappresenta una donna voluttuosa sdraiata a terra che, tenendo in mano uno specchio, sembra porgere il proprio sguardo distaccato ed assorto in direzione della statua di Colombo. Sebbene l’arte di Botero sia figurativa e non realista, le sue opere sono ancorate alla realtà – qui intesa come esaltazione della vita. E ciò vale sia per le figure animate che per gli oggetti. La sua creatività e il suo ideale estetico sono basati sulla forma e sul volume. E’ la ricerca per il corpo inteso come “massa” che porta le sue figure ad apparire maggiorate, deformate, alterate nelle proporzioni. Ed e’ proprio la “falsificazione” dei volumi che esalta le azioni (quotidiane e quindi reali) dei suoi protagonisti. La solidità e “pesantezza visiva” della scultura bronzea le dona un’accezione “monumentale” anche se di per se’ l’opera e’ di dimensioni contenute.

© arcomai I “Rana della fortuna” (dEmo).

La “rana porta fortuna” e’ posizionata difronte all’entrata del Gran Madrid Casino in Paseo de Recoletos, l’edificio (Poker Room) rimodellato dallo studio Rafael de la Hoz nel 2010 con una facciata che glorifica il gioco delle carte. Installata nel 2014, l’opera bronzea celebra la fortuna rappresentando un animale che per molte culture e’ portatore di buona sorte. Come se non bastasse l’autore ha impresso sulla pancia della rana (alta circa 3 metri e mezzo) ben 34 simboli di prosperità, tanto per mettere a loro agio giocatori provenienti da altre parti del mondo. Anche qui un soggetto in realtà piccolo e’ maggiorato fino a raggiungere le dimensioni di un cornotaurus.

Julia” e’ invece una scultura alta 12 metri ed e’ realizzata in resina di poliestere e polvere di marmo. Essa occupa la posizione nel parco dei Jardines del Descubrimiento, affacciato su Plaza de Colón, esattamente dove si trovava la statua di Colombo (in corrispondenza dell’ingesso orientale del Fernán Gómez Centro Cultural de la Villa) prima di essere ricollocata al centro della nuova rotatoria che ora nega il significato di piazza. La testa bianca di donna, come dichiarato del suo artista, dovrebbe rappresentare “la tenerezza ed il silenzio” con la finalità di fungere da “specchio” per aiutare la società a riscoprire un senso di serenità. Non sappiano se le aspettative dell’arsita catalano abbiano avuto riscontro almeno sulle migliaia di pendolari che ogni giorno bypassano in velocità questa piazza, ciò che qui segnaliamo e’ la forma e posizione dell’opera nonché il rapporto spaziale che questa innesca con i Giardini, chiusi ad oriente dal Monumento della Scoperta dell’America di Joaquín Vaquero Turcios. E’ in questo contesto urbano (teatro) che ha avuto luogo la manifestazione popolare documentata dalla stampa due giorni fa.

© arcomai I “Julia” (Jaume Plensa).

La distorsione della testa allungata/schiacciata determina un effetto ottico che rende pressoché riconoscibile il viso della donna entro un angolo di 180 gradi. Tale espediente compositivo lo avevamo documento in un alcune opere dell’artista coreano Yi Hwan Kwon (vedi: La visione distorta di Yi Hwan Kwon ti fa capire l’architettura alterata) ad Hong Kong. Si distorce la realtà partendo da questa. Infatti in copertina abbiamo modificato (per gioco) le proporzioni della scultura riportandole ad una dimensione reale. Ci piace pensare che l’artista abbia adottato questo processo (inverso) per realizzare “Julia” avvalendosi di programmi di grafica. In arte il processo e’ spesso più’ interessante della realizzazione.

La particolarità della scultura e’ che nega la piazza (i Giardini) che la ospita. Questo “errore” era stato già compiuto con la statua di Colombo dopo essere stata parcheggia nei giardini, quindi prima di essere ricollocata nella sua posizione attuale (per la seconda volta), orientata su Paseo de Recoletos. Eppure questa “svista” aveva portato la statua ad orientarsi correttamente verso ovest in direzione dell’America. Tralasciamo qui speculazioni sulle ragioni del perché il navigatore stia guardando verso sud, si certifica in questa sede il fatto che Julia, come Colombo prima, volge la nuca al visitatore del parco quasi a non voler ascoltare, in questo specifico caso, le ragioni del popolo. Sebbene la statua di Colombo, ovunque si trovi, porti con se’ un significato più grande della sua rappresentazione, le altre sculture gravanti sulla piazza sono “media” di significati banali, decadenti, “monumentalizzati” per dimensioni ma mai “monumento” (dal latino “ricordo”); meri oggetti di arredo urbano che potrebbero trovarsi dovunque. Sono queste contraddizioni che rendono Plaza de Colón il “centro” della “Terra di Mezzo”, una “stanza aperta” in cui riflettere e interrogarsi sulle contraddizioni del presente. Un luogo di “rovine” anni ’70 abbellito da banali e inutili soprammobili della contemporaneità.

© arcomai I “Julia” (Jaume Plensa).

Sebbene il termine “distanziamento sociale” sia entrato a forza nel lessico globalizzato così come la parola lockdown (confinamento), per alcuni questo vocabolo porta con se’ un significato inquietante, una “contraddizione in termini” che per ora sembra non preoccupare linguisti, antropologi, sociologi, sindacati e Co. Quando si arriva all’aeroporto di Madrid, o si viaggia per la metropolitana della capitale spagnola, i microfoni ti invitano a rispettare la “distanza inter-personale”, termine indubbiamente più “liberale”, a dimostrazione che il pragmatismo dei servizi e’ più “intelligente” dell’astrattismo demagogico ed ottuso della politica. Se la piazza contesta il fatto che la maschera stia diventando un bavaglio contro il libero arbitrio, in questo “nuovo quotidiano” io mi limito ad affermare che il ‘dispositivo” in questione può creare equivoci: ti fa dire cose che non vuoi, o meglio distorce le parole ed impedisce la lettura labiale che inconsciamente adottiamo durante una conversazione. Sono convinto che almeno per gridare il vocabolo “Libertà” ognuno dovrebbe essere libero di pronunciala senza alcun impedimento.


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