La ‘architectural behaviorology’ di Bow–Wow come scienza per costruire il senso del tempo
© arcomai l Yoshiharu Tsukamoto parla all‘Archifest 2013 di Singapore.
Apre ufficialmente oggi l’Archifest 2013 di Singapore e lo fa con una lecture (organizzata all’interno del Raffles Convetion Centre) dell’architetto giapponese Yoshiharu Tsukamoto, cofondatore (nel 1992) insieme a usa moglie Momoyo Kaijima dell’Atelier Bow-Wow (con sede a Tokyo). Il presidente del Singapore Institute of Architects (SIA), Theodore Chan, ha fatto gli oneri di casa spendendo, inoltre, parole a favore della categoria che lui rappresenta. Il nome dello studio e’ associato a quegli stravaganti e a volte ironici ma altrettanto pratici edifici residenziali costruiti all’interno di ambienti urbani densi di alcune aree di Tokyo, ma anche alla “Pet Architecture” – dall’omonimo libro da loro scritto (Pet Architecture Guide Book / Living Spheres Vol. 2, World Photo Press, 2002) – che e’ diventata sinonimo di quelle architetture “domestiche” (perché piccole, affettuose, simpatiche come i nostri amici animali) realizzate all’interno di ambiti urbani di risulta di Tokyo, di cui loro stessi sono a tutti gli effetti tra i principali place makers.Questo libro insieme al loro altro capolavoro, Made in Tokyo, possono essere considerati il manifesto di quel “minimalismo urbano” giapponese oramai celebre e celebrato in tutto il mondo. Noi li ricordiamo alla 12. Biennale di Venezia del 2010, ove, selezionati da Kazuyo Sejima, hanno utilizzato la stanza a loro disposizione per esporre una elegante raccolta di modellini in scala di queste innovative unita’ abitative.
© 2013 The Solomon R. Guggenheim Foundation l Il BMW Guggenheim Lab.
Forti di questa esperienza di ricerca, i Bow-Wow cercano nelle loro lavoro di mettere in pratica i principi tratti da esempi esistenti, alterandoli in modo da creare una nuova realtà. Nell’edilizia privata le loro proposte prevedono l’abolizione delle partizioni per creare uno spazio continuo ma organizzato; scale e pianerottoli vengono usati per enfatizzare questa continuità. Ad oggi si riscontra un diorama creativo altamente prolifero dello studio con la realizzazione di opere che si distinguerono per l’alta “arte di sartoria” con la quale riescono a ritagliare in modo sorprendente spazi sfruttabili dall’uomo, laddove il problema del consumo del suolo diventa motivo di ispirazione ed innovazione. L’Atelier ha anche acquisito notorietà attraverso la realizzazione di micro progetti ed installazioni allestite in aree pubbliche non solo in Giappone. Tsukamoto ha intitolato la sua presentazione Architectural Behaviorology (ispirata al libro Behaviorology) ad indicare lo stretto legame tra i “comportamenti” non solo delle persone intese come individui ma anche delle cose utilizzate dall’uomo che a loro volta generano altri comportamenti di tipo collettivo.
© Atelier Bow-Wow l La Split Machiya.
Per spiegare questo teoria alla base della loro ricerca, il relatore ha accennato alla recente storia di Tokyo e alla sua realtà edilizia: “La città (Tokyo) e’ composta da case di diversi colori e forme. Complessivamente può apparire brutta anche se gli edifici in se’ non lo sono. E’ forse il caos il fattore caratterizzante della città […] In questi ultimi trent’anni possiamo identificare tre tipi di generazioni di case. Originariamente la superficie abitabile era di 250 mq. Oggi e’ di 80mq. Questo grosso salto di scala e’ stato determinato dalla crisi economica (nota come bubble economy) del primi anni 90 che ha cambiato radicalmente la dimensione abitabile della casa giapponese. La casa monofamiliare di prima generazione comprendeva anche un giardino. Successivamente il giardino e’ andato riducendosi (seconda generazione) per poi sparire completamente a causa della frammentazione del lotti. Ciò ha determinato un profondo cambiamento della vita sociale e della famiglia giapponese che sono alla base anche di spiacevoli e frequenti fatti di cronaca”.
© Atelier Bow-Wow l Il complesso residenziale a 22 Logements Rue Rebière (Parigi). Pianta del piano tipo.
Per spiegare questo fenomeno edilizio tutto nipponico l’architetto ha scelto di illustrare i loro progetti per le case Machiya Guesthouse e Split Machiya. precisando che col termine “machiya’ ci si riferisce ad un tipo di abitazione tradizionale (originaria della zona di Kanazawa) il cui piano terra e’ adibito ad uso commerciale. La Split Machiya e’ la risposta al bisogno di costruire due abitazioni (una per una giovane coppia e l’altra per una parente di questa) su un piccolo terreno di 27mq a Shinjuku (Tokyo) per un totale di 58.5 mq. Un’impresa non facile che gli architetti sono riusciti a finalizzare disegnano scrupolosamente gli ambienti essenziali collocando tra l’altro il bagno in una unita’ e la cucina nell’altra. Il pubblico si e’ dimostrato divertito e ha accompagnato la presentazione dell’ospite con risate spontanee. Altro progetto residenziale e’ quello recente di edilizia pubblica a Parigi (22 Logements rue Rebière). il complesso e’ composto da tre volumi. Quello centrale (18.5m per 55.5m) comprende 18 unita’ e 108 finestre. La finestra per Tsukamoto definisce l’espressione di due comportamenti: quello dell’oggetto in se’ di far entrare la luce e quello dell’uomo di godere di questa. Qui i balconi hanno diverse dimensioni, aggetti e posizioni in modo da creare una facciata astratta in cui le aperture non hanno una diretta relazione con la distribuzione degli ambienti interni.
© Atelier Bow-Wow l La White Limusine Yatam.
Tra le opere su scala urbane il nostro ha poi scelto di parlare di una serie di piccoli interventi capaci di coinvolgere le abitudini comportamentali delle persone. Il BMW Guggenheim Lab è un laboratorio mobile che, dopo essere stato installato per la prima volta a New York nell’estate del 2011, sta viaggiando in giro per il mondo con l’obiettivo di visitare nove metropoli in tre anni. Dopo la Grande Mela il padiglione ha toccato Berlino e Mumbai allo scopo di affrontare questioni inerenti la vita urbana secondo una programma di partecipazione pubblica curato dal Team (scientifico) BGL. Con uno scheletro strutturale costruito in fibra di carbonio, che lo rende particolarmente leggero, compatto e in grado di viaggiare, il manufatto è stato pensato come una toolbox (cassetta degli attrezzi) che gli permette di essere assemblato velocemente ed adattarsi, al tempo stesso, a qualsiasi luogo. Ispirato alla scena di un teatro d’opera, il laboratorio può cambiare aspetto e funzione.
© Atelier Bow-Wow l Il Kitamoto “Face” Project.
La White Limusine Yatam e’ viceversa un chiosco mobile lungo 10 metri che viene spostato a mano da un luogo all’altro della città con lo scopo di creare impreviste occasioni (comportamenti) di vita sociale. Il progetto per il Mitashita Park e’ invece una proposta di riqualificazione di un’area depressa di Tokyo ove, dopo la crisi economica del ’92, si erano insediati alcuni nuclei familiari. L’intervento – ha precisato l’architetto – non e’ invasivo perché e’ finalizzato a facilitare semplici attività ricreative (come: ballare, recitare, praticare lo fare lo skatebord, fare sport, mangiare, …) in modo da coinvolgere le persone e fare di questo un luogo identitario. Ultimo progetto dell’intervento di Tsukamoto e’ il Kitamoto “Face” Project che affronta la necessita’ di realizzare una nuova stazione dell’autobus. Questo operazione di distingue oltre sul piano architettonico con l’elegante copertura pedonale anche su quello logistico con il pro attivo programma di partecipazione (fatto di incontri e workshop) con gli abitanti del luogo che con i loro suggerimenti hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. A tempo scaduto, il relatore non ha potuto mostrare altri progetti, selezionati dell’Atelier Bow-Wow, che si era prefissato di illustrare. Si e’ cosi’ congedato rileggendo le tre parole chiave della sua filosofia progettuale: a) Repetition; b) Rhythm, time scale; c) Sharing – scusandosi per non aver avuto il tempo di spiegarne i significati. Alla presentazione ha fatto seguito un dibattito a cui hanno partecipato professionisti locali.
© arcomai l Yoshiharu Tsukamoto partecipa insieme a designers locali al dibattiro organizzato dall’Archifest.