Tatuaggio di facciata
Particolari decorative del Columbia College Chicago, della Glass Farm e dello Harlem Hospital.
Il mondo dell’architettura sta vivendo una nuova stagione estetica che io chiamo “Tatuaggio di facciata”. Si tratta di un fenomeno stilistico che non passa attraverso manifesti programmatici o correnti artistiche, ma si esprime in “forma libera” in base alle nuove tecniche di stampa digitale su vetro con inchiostri ceramici offerte dal mercato. Artefici a loro insaputa di questo fenomeno “formale” sono molti architetti (anche di fama internazionali) che, affascinati dalla versatilità ed economicità di questa tecnica, si cimentano da qualche anno nella realizzazione di facciate decorate con motivi variopinti o vere proprie riproduzioni fotografiche. Per le diverse sfaccettature ed implicazioni che questo sistema di trattamento delle superfici vetrate ha sul linguaggio architettonico contemporaneo vale la pena soffermarsi e riflettere sul concetto contemporaneo di ornamento.
Tra i molteplici esempi sparsi per il mondo abbiamo selezionato solo tre edifici accomunati tra loro dall’esser rivestiti rispettivamente da una “pelle in vetro” mappata con motivi grafici che dovrebbero richiamare al legame “storico/contestuale” di questi con il luogo dove si trovano..
Il Columbia College Chicago: 618 South Michigan Façade
Per ricordare la storia architettonica dell’edificio nel suo contesto urbano contemporaneo, Gensler ha sostituito la facciata esistente con una “immagine fantasma” di quella originale utilizzando pannelli in vetro stampato in dot-matrix che da lontano sembrano ripristinare quella originale in cotto degli anni’30. Poiché il complesso è situato lungo un corridoio flyway attraversato annualmente da circa 5milioni di uccelli migratori, ogni “punto” stampato riproduce un piccolo volatile. Questo espediente grafico, oltre a ridurre la trasparenza delle superfici con evidente controllo del comfort ambientale interno, contribuisce a ridurre il numero di uccelli migratori che si schiantano quotidianamente contro le pareti vetrate dell’edificio. Si stima che ogni anno muoiano in questo modo terribile circa 100miloni di volatili solo negli Stati Uniti
La Glass Farm
L’edificio si trova nella cittadina olandese di Schijndel. Sebbene da lontano appaia come una tipica casa colonica in mattoni, in realtà si tratta di un edificio in vetro adibito a negozi e uffici. Autore di questo ”scherzo” e’ lo studio MVRDV che ha tatuato con la stampa digitale su vetro una scatola di 1800mq. utilizzando un una riproduzione fotografica rappresentante una fattoria tipica di questa parte del paese. Nonostante l’edificio sembri di due piani in realtà e’ alto 14m e ne ospita tre. Concepito volutamente fuori scala (1,6 volte più grande di una vera fattoria) le sue porte hanno un’altezza di circa quattro metri. Questo ha lo scopo di dare ai visitatori l’illusione di essere ancora una volta bambini.
L’Harlem Hospital
Il nuovo Ospedale di Harlem e’ facilmente riconoscibile da un prospetto in vetro stampato composto dalla riproduzione fedele di alcuni dipinti su parete degli anni’30 presenti all’interno dell’edificio esistente. La facciata, progettata da HOK, e’ composta da 429 pannelli (per un totale di 12.000 mq.) che celebrano la storia e la cultura di questo distretto di New York. Il “muro di vetro” alto circa 20m si estende su tutto l’isolato a creare un frontespizio poilicromo lungo la Lenox Avenue. Tra gli autori di queste gigantografie spicca l’artista afroamericano Vertis Hayes che con l’opera “ricerca della felicità”, realizzata nel 1937 come parte del programma di Works Progress Administration del governo federale, celebra in modo inequivocabile la forza irresistibile del progresso e, quindi, del capitalismo occidentale.
Questi tre esempi, sebbene realizzati in contesti urbani differenti, hanno in comune il fatto che il muro, che dovrebbero celebrare, non e’ più muro. Non solo: la riproduzione di una traccia originale in messaggio nel momento in cui cambia di scala ne compromette la contestualizzazione del suo significato che qui e’ retrospettivo, rimandando ad un passato oramai superato, lontano e probabilmente inutile da ricordare.
In questo gioco compositivo non c’è bisogno di architetti ma da di bravi graphic designer o illustratori esperti di photoshop. Oggi la critica di architettura la potrebbero fare i semiologi in collaborazioni con avvocati esperti in diritti di immagine. Non è più importante la tecnologia costruttiva dei materiali, o meglio questi non sembrano più far parte del linguaggio dell’architettura visto che molto spesso l’opera architettonica viene rivestita con materiali che ne celano la struttura. L’architetto sul piano creativo diventa un supervisore di bozzetti, mentre su quello tecnico un consulente per la ditta che andrà a montare il pannelli.
L’edificio ha perso la sua tridimensionalità intesa come volume articolato tra pieni e vuoti, e con essa anche le ombre e spessori da esso creati. Infatti, mentre le ombre e loro sfumature sono oramai scomparse, la facciata e’ diventata uno schermo, una pelle sottilissima su cui imprimere qualsiasi tipo di motivo o immagine. In questo modo la facciata non assorbe più i rumori e lo sporco. Non ha bisogno di manutenzione periodica. Non invecchia mai. Può solo essere sostituita/stampata con un’altra figura. In tutto questo l’edificio ha perso una delle sue caratteristiche fondamentali: la proporzione. Mi riferisco a quella condizione matematica per la quale un corpo di fabbrica intesse rapporti visivi/fisici con i corpi/persone che lo utilizzano. Non si sente più la necessità di progettare l’architettura nel rispetto contestuale del luogo. Oggi il contesto non è legato al luogo poiché il luogo ha perso i suoi confini viaggiando sui bits degli accessori smart, perdendosi nella rete. E’ per questo che la facciata non va a dormire di notte, anzi si illumina come un qualsiasi device portatile.