Architetture contemporanee per Bologna: 10 domande a Giorgio Volpe
Giorgio Volpe, architetto, si dedica principalmente alla progettazione di edilizia residenziale ed alla riconversione di fabbricati esistenti. La sua progettazione pone in primo piano il rapporto tra lo spazio pubblico e quello privato, con grande cura degli spazi di relazione. La sua ricerca si focalizza sullo studio delle tipologie edilizie che costituiscono l’elemento fondante dell’edificio con la ricerca di soluzioni originali ed innovative, al centro delle quali c’è sempre la qualità architettonica e spaziale degli ambienti di vita. Dal 2005 approfondisce gli aspetti relativi alla progettazione ed alla realizzazione di fabbricati a basso consumo energetico ed a basso impatto ambientale, in particolare e edifici con struttura prefabbricata in legno, dei quali ha realizzato alcuni esempi a Bologna. Due di questi, uno da poco ultimato in via Podgora ed uno in fase di costruzione in via A.Costa, sono esposti alla mostra “Architetture contemporanee per Bologna” dal 6 al 31 maggio 2011 presso i locali dell’IPLE di via del Gomito. Caludio Zanirato, redattore di arcomai.it, ha incontrato Giorgio Volpe per rivolgere 10 domande allo studio, per indagare come si è formato, le sue principali propensioni, come vede lo scenario operativo dell’ambito bolognese.
© Giorgio Volpe I Trasformazione con ricostruzione dei magazzini postali in residenze di via Podgora a Bologna.
Claudio Zanirato. Esiste una specificità dell’architettura a Bologna, città senza una formale “scuola di Architettura”, ritieni possa esistere un suo “genius loci”?.
Giorgio Volpe Non credo che a Bologna si possa parlare di una scuola di architettura, una scuola si crea attorno a dei maestri, o a delle istituzioni in grado di dare una forte impronta culturale e/o tecnica. Bologna non ha niente di tutto ciò nel campo dell’edilizia. Su questo tema bisognerebbe domandarsi che ruolo ha (o meglio potrebbe avere) la facoltà di ingegneria della nostra città. Se per “genius loci” intendi il filo conduttore di una tradizione costruttiva, certamente è un filo sempre più esile. L’edilizia bolognese degli ultimi trent’anni è un esempio emblematico di spersonalizzazione e di povertà tecnico-espressiva che contraddistingue la maggior parte delle città italiane. E’ triste da dire ma a parte casi sporadici le esperienze positive che hanno contraddistinto questa città nel campo urbanistico e architettonico ormai sono troppo lontane nel tempo e fanno parte della storia. Una stagione di grandi esempi di pianificazione a scala urbana quando l’architetto faceva il suo mestiere. Poi è venuta la stagione della “contrattazione” e la nostra categoria si è dedicata sicuramente troppo a fare i mediatori e molto meno a progettare.
CZ. Dove hai studiato Architettura? La riconosci ancora come una scuola cui fai riferimento nella tua pratica professionale o hai preferito guardare anche oltre? Dove?
GV Ho studiato a Firenze dalla metà degli anni ’80, credo sia stato il momento peggiore per la facoltà, anche se ci ho trovato professori fondamentali per la mia formazione come Maffei e Di Cristina. Da quando ho finito l’università mi sono buttato nella professione assetato di concretezza, di dare un senso ai discorsi e disegni fatti fino a quel momento per scoprire che non avevo in mano niente di utile per disegnare un esecutivo di architettura. Pertanto certo che sì, ho dovuto guardare altrove per imparare la professione, in cantiere, nelle competenze di altre discipline, impegnando svariati periodi di vacanza in giro per l’Europa a cercare le architetture dei maestri del moderno e del contemporaneo, cercando l’aggiornamento tecnologico su riviste straniere.
CZ Il passaggio dagli studi al lavoro com’è avvenuto e qual’ è stato il divario che hai dovuto colmare? E’ avvenuto con una pratica empirica o ti sei avvalso dell’esperienza di altri studi?
GV Come ti dicevo il divario è sconcertante, quando fai le prime esperienze lavorative sei in un mondo assolutamente sconosciuto dove l’unica cosa che puoi fare è cercare di imparare e limitare i danni (che puoi fare). Ho lavorato per anni per l’architetto Pier Luigi Cervellati facendo ogni tipo di esperienza dal restauro al piano urbanistico, dalla ricerca tipologica alla progettazione, e questo mi ha sicuramente aiutato molto nella comprensione delle problematiche a varie scale del mondo dell’edilizia.
CZ. L’attenzione alla sostenibilità energetica ed ambientale sembra far convergere l’architettura contemporanea verso un indirizzo comune, in una rifondazione disciplinare, in una nuova sorta di globalizzazione “modernista”: come ti collochi di fronte a questa prospettiva? Avverti il rischio?
GV Rifondazione… direi addirittura rinascimento, nuove basi su cui fondare la nostra professione, solide basi tecniche e sani principi o regole di buon costruire. Il primo dovere di un architetto è senza dubbio quello di padroneggiare le tecniche di costruzione. Trovo che la nostra disciplina debba ritrovare solidità e credibilità nella tecnica costruttiva, perché credo fermamente nell’equazione bello = ben costruito o per lo meno ben costruito è una condizione necessaria perché un edificio sia anche bello. Il linguaggio è un tema già meno interessante. Quello che temo non è tanto la standardizzazione, ma la spersonalizzazione, la decontestualizzazione, nel senso di un uso acritico o interpretazione superficiale di modelli dal punto di vista della sostenibilità economica, sociale e ambientale, che mi sembra il vero portato negativo della globalizzazione nella nostra disciplina.
CZ Il tema della trasformazione prevale rispetto al processo di crescita urbana in una città come Bologna, dove spesso si riqualifica l’esistente invece che pensare ex novo: ma si possono instaurare anche nuovi piani relazionali con tali interventi di sostituzione, e cambiare così la città dal suo interno?
GV Questo è il tema nel quale mi sono cimentato maggiormente da quando ho aperto il mio studio. Il lavoro di sostituzione e recupero nei contesti già densamente edificati è una sfida molto avvincente, fatta di rimandi e dialoghi con l’intorno e paradossalmente anche se i vincoli sono sempre molto stringenti è sempre maggiore la ricchezza delle possibilità date dal dialogo con il contesto.
© Giorgio Volpe I Trasformazione con ricostruzione dei magazzini postali in residenze di via Podgora a Bologna.
CZ I materiali ed i colori come si legano alla forma ed ai luoghi in cui ambienti i tuoi progetti? Cerchi una continuità possibile o la straniazione?
GV Il mio approccio varia a seconda del progetto e delle condizioni, il colore e la materia sono elementi che fanno parte del progetto e concorrono a raggiungere un risultato e sono usati strumentalmente in questo senso, ora in contrasto ora in continuità; non ho una posizione prestabilita, se non la ricerca di una coerenza nel discorso complessivo.
CZ Lo spazio pubblico, che ha fatto unica la città di Bologna, è da molto tempo non più oggetto di attenzioni progettuali particolari: è cambiata la città oppure il privato ha avuto il soppravvento sul sociale, spostando l’attenzione su altri territori?
GV La colpa è tutta di noi progettisti e quando avremo preso atto di questo sarà già un passo verso la riconquista dello spazio pubblico, di quello che sta tra la porta di casa e la strada. Credo che negli ultimi 20/30 anni non si sia prestata la dovuta attenzione alla progettazione a scala di piano particolareggiato, privilegiando i numeri o le semplici logiche di scambio a scapito dell’impegno nel cercare la progettazione a scala urbana e di isolato. Non si vedono progetti innovativi in questo senso dagli anni storici del “Cavedone” o del quartiere “Barca”. La nostra categoria ha rinunciato a una delle missioni più importanti della professione, quella sociale con tutte le sue implicazioni, per concentrarsi su logiche maggiormente redditizie, affiancando il mondo dell’imprenditoria in modo sistemico e confondendo con essa il proprio punto di vista. In oltre non esiste più un intervento forte dell’edilizia pubblica alla quale bisogna riconoscere la paternità delle migliori pratiche nel nostro passato locale.
CZ La progettazione residenziale costituisce l’attività prevalente per molti: questo propone la possibilità di elaborare modelli abitativi aggiornati o solo riconfigurati in base a modelli stilistici correnti?
GV Ho avuto la fortuna di lavorare per clienti che hanno accettato di proporre al mercato soluzioni che si diversificassero dalla produzione corrente. Questo è stato anche premiante in un momento di stasi del mercato come quello attuale. Nei miei progetti cerco sempre di dare risposte nuove alle modalità di vita contemporanea in termini di luoghi, di spazio e di relazioni tra questi.
CZ Se l’architettura può essere definita “plasmare dei luoghi per delle persone”, qual è allora l’atteggiamento del progettista di fronte ad una committenza “virtuale”, cioè mediata da figure d’intermediazione, “commerciali” insomma?
GV Creare degli spazi che possano essere il teatro di molteplici opportunità per l’utente, il che non vuole dire flessibilità a tutti i costi. E’ chiaro che progettando un alloggio si fanno delle scelte e queste scelte implicano l’indirizzarsi verso una utenza piuttosto che un’altra, immaginandosi delle modalità di vita che probabilmente non tutti condivideranno. Questo implica certamente scontentare qualcuno, ma altrettanto si adatterà meglio alle necessità di qualcun altro; per dire che rinunciare alla caratterizzazione rischia piuttosto di deludere tutti, in un offerta appiattita di prodotti (abitazioni) di cui il mercato è già saturo.
CZ La qualità dell’architettura che si sta facendo a Bologna ritieni si possa paragonare con quella che si fa nel resto d’Italia o esiste una differenza, qualitativa e/o quantitativa e come la motivi?
GV Ci sono professionisti validi anche a Bologna, giovani e meno giovani, ma la mia sensazione è che la produzione di architetture degne di essere chiamate tali non raggiunge una massa critica tale da poter cantare vittoria; l’edilizia continua a farla da padrone. Bisogna chiedersi come fare a rimettere tra i criteri di scelta di imprese, sviluppatori, enti e privati la qualità architettonica del progetto da realizzare e quindi di un progettista più preparato piuttosto che un altro. Ed anche come fare a chiedere alla nostra categoria di impegnarsi di più nello studio e approfondimento dei progetti, senza dimenticare che negli ultimi anni sono esponenzialmente aumentati gli adempimenti e le assunzioni di responsabilità senza alcun corrispettivo nell’aumento delle tariffe professionali, anzi si è innescato un cannibalismo al ribasso dato dall’eliminazione dei minimi tariffari. Sembra un discorso meschino ma è molto legato alla realtà quotidiana della professione; un progetto ragionato, affinato e messo in discussione più e più volte alla ricerca di soluzioni convincenti è molto più costoso per un professionista (non dimentichiamo che è un’attività economica) di un progetto dove ci si accontenta del “buona la prima”, e va detto che il mercato in genere si accontenta, è molto più attento ad altri riscontri come l’economicità, la vendibilità, la riconoscibilità in forme e tipologie familiari. Non per questo comunque ci si può fermare, credo anche nella grande forza espressiva e comunicativa dell’architettura e nella capacità di parlare a tutti, nel potere sociale della nostra professione e nelle possibilità di influire nella vita dei singoli e delle comunità in modo positivo, per cui seminare anche pochi esempi di buona pratica sono già un primo passo, perché è con questi che il prossimo progettista si dovrà confrontare.
© Giorgio Volpe I Disegni per intervento di sostituzione edilizia in corso in via A.Costa a Bologna.
Giorgio Volpe (Bologna nel 1964) si laurea nel 1993 presso la Facoltà di Architettura di Firenze e da allora avvia l’attività professionale a Bologna. Per alcuni anni collabora con lo studio bolognese di Pierluigi Cervellati: durante questo periodo ha la preziosa opportunità di spaziare nei più diversi ambiti e scale di progetto, dall’urbanistica al restauro, dalla ricerca al cantiere. Apre nel 1999 il proprio studio professionale. Dal 2007 realizza a Bologna edifici residenziale prefabbricati in legno di cui pubblica alcuni esempi sulla rivista AND e su ”Atlante del legno” UTET di prossima pubblicazione.